Partito della Rifondazione circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

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Il ricordo del Presidente della Camera

Un seme che ha germogliato 

di Fausto Bertinotti

 

Profeta di un’Italia attesa dai diseredati e dai giusti l’ha inverata, a partire dal più  profondo dei sud del paese. Il seme della non violenza, per chissà quali percorsi sotterranei, è giunto fino alla moltitudine dei movimenti altermondisti che si sono  eretti contro le ingiustizie e le violenze della globalizzazione capitalista

 

Danilo Dolci ha segnato la storia del lungo dopoguerra italiano. Profeta di un’Italia attesa dai  diseredati e dai giusti l’ha inverata, a partire dal più profondo dei sud del paese. Ha investito  tutta la fiducia di cui è stato capace (ed era tantissima, come il bianco del maglione che lo  avvolgeva) negli ultimi. Con gli ultimi ha convissuto, in quella Partinico che, per ricordare  cos’era, bisognerà tornare a leggere le terribili pagine di Carlo Levi che descrivono le inferriate  delle private prigioni di Spine Sante. A Partinico Danilo Dolci ha costruito partecipazione, ha insegnato e imparato la lingua della comunicazione tra l’alto e il basso che così smettono di  essere separati da una gerarchia e invece si uniscono in una comunità nuova, aperta e scelta,  una comunità di donne e uomini liberi e responsabili di fronte al futuro. La lotta contro la mafia  è lotta di liberazione. Gli scioperi alla rovescia sono il percorso di un riscatto di contadini senza  terra e di braccianti senza lavoro. Piero Calamandrei difendendo l’imputato Dolci dall’accusa di averli organizzati rovescerà l’accusa su una società cinica e ingiusta. La lotta per la diga sullo  Jato anticiperà l’idea contemporanea, portata dai movimenti altermondisti, dell’acqua come bene comune da sottrarre al potere del ricatto di un’economia fondata sul patto scellerato tra una proprietà terriera latifondista e spesso assenteista e la mafia. La lotta per costruire  l’accesso, per la prima volta nella storia, dei figli dei poveri nella scuola, la lotta per costruire  scuole di formazione, rompono una emarginazione secolare. Fa rabbia vedere come è ridotta,  abbandonata e coperta da una inselvatichita vegetazione, la costruzione che ospitava a Mirto la  scuola di formazione conquistata e realizzata in quella straordinaria esperienza di emancipazione. Eppure il seme ha germinato. La lezione della nonviolenza, quella che Danilo  Dolci ha intrecciato con Capitini, ha fatto irruzione nel nostro tempo segnato dalla spirale distruttiva di guerra e terrorismo. Essa accompagna le speranze e le esperienze che si propongono di riprendere nelle proprie mani il destino dell’umanità. La crisi della politica, il distacco delle istituzioni dal popolo e, in particolare, dalle nuove generazioni, trovano, in quella lezione, una risorsa. Non è un caso che la parola, la testimonianza e la lotta di Danilo Dolci si  sovrappongano al lascito della Costituzione repubblicana. Il seme, per chissà quali percorsi sotterranei, è giunto fino alla moltitudine dei movimenti altermondisti che si sono eretti contro  le ingiustizie e le violenze della globalizzazione capitalista. Danilo Dolci sapeva che “un altro mondo è possibile”. E ha vissuto per realizzarlo, insieme a tante altre donne e uomini con cui ha camminato, fraternamente.