Partito della Rifondazione circolo "Peppino Impastato" Partinico (PA)

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La pedagogia basata sulla maieutica. Posta la domanda, le risposte si cercavano in gruppo

La conoscenza? In cerchio

di Daniele Barbieri

 

Poche righe sulle enciclopedie nostrane per Danilo Dolci, di solito con due secche qualifiche: «sociologo e poeta». In molti Paesi del Nord Europa è invece un punto di riferimento pedagogico e politico da mezzo secolo. Di lui scrisse Erich Fromm: «Se la maggioranza degli individui nel mondo occidentale non fosse così cieca davanti alla vera grandezza, Dolci sarebbe ancora più noto di quello che è». L'Italia ama poco - e solo dopo il Nobel o la morte - i suoi figli ribelli, cioè migliori: figurarsi un sovversivo gandhiano che nel '52 lascia la carriera d'architetto per andare in Sicilia a lottare contro la mafia, l'ingiustizia e la Dc. Una campagna di calunnie (non sempre la sinistra ne fu esente) lo accompagnerà; lo Stato lo perseguiterà con processi assurdi e interminabili. L'allora cardinale Ernesto Ruffini, in un'omelia pasquale, spiegò: «La mafia, Il gattopardo e Danilo Dolci sono le cause che maggiormente hanno contribuito a disonorare la Sicilia»; quando si dice le idee chiare dei vertici ecclesiastici.
Dolci fu un raro esempio di persona capace di coniugare lavoro intellettuale e di base (anche manuale: non si vergognò di fare il manovale quando servì). In questo anniversario giustamente si ricordano le iniziative clamorose, meno si parla del suo quotidiano fare. Invece l'università popolare di Trappeto o le 100 iniziative pedagogiche (compresa una radio "clandestina" nel marzo '70) sono pratiche altrettanto feconde delle marce, dei digiuni, degli scioperi "a rovescia". Dal 1954 l'università popolare ospita corsi, incontri, discussioni spesso con intellettuali, sindacalisti, educatori (da Paul Baran a Johan Galtung, da Ernesto Treccani a Paulo Freire) seduti ad ascoltare operai, contadini, braccianti, artigiani e pescatori che insegnano, non solo imparano. Vale recuperare in una buona biblioteca Conversazioni contadine edito da Mondadori nel '62.  A gennaio '68 iniziano i lavori per il "Centro di formazione per la pianificazione organica" a Trappeto: subito si interrompono per far fronte al terremoto nella valle del Belice - e opporsi alla vergogna dei soccorsi dirottati ai mafiosi - ma poi riprendono, mettendo al primo posto proprio un piano di sviluppo organico per le zone terremotate. Il 23 novembre '70 Dolci si presenta al notaio con due milioni e mezzo di lire (si impegna a trovarne 30 in un anno): si possono acquistare 10 ettari per edificare il nuovo "Centro educativo" a Partinico che sarà inaugurato (con un concerto) il 3 giugno '73. In realtà le ruspe spuntano solo nel febbraio '74 ma da quel luogo ancora in costruzione già sono decollate decine di iniziative e persino una manifestazione nazionale antifascista. A gennaio '75 comincia la sperimentazione educativa con gruppi di bambini. Nel frattempo autorità locali e regionali disattendono le promesse di rendere sicuri ponticello e strada che portano al Centro e poi - con la scusa della sicurezza - cercano di bloccarlo: pentole e coperchi, in perfetto stile fascista e mafioso. Ancora nel 1981 il progetto educativo a Trappeto si regge sulle collette, nonostante le tardive e inapplicate indicazioni del ministero della Pubblica istruzione; bisognerà arrivare al 1989 perché la Regione Sicilia spenda soldi a Trappeto per scuole, campo sportivo, locali comunitari. Ragazzi e adulti alla ricerca di una società libera, di un'educazione alla pace e alla giustizia. Quel che si fa a Trappeto è riproposto da Dolci in seminari (soprattutto in Calabria e Sardegna) e poi in molti libri. Fra questi uno dei più preziosi è Dal trasmettere al comunicare edito da Sonda nel 1988. Sono appunti sul «virus del dominio», sulla «struttura creativa»: con Dolci a interrogare pregi e limiti di San Francesco, Mao, Gandhi, Di Vittorio, Einstein, Levi-Strauss, Maria Montessori, Engels e suoi …. mentre dialoga con Chomsky, Weizenbaum, Pasolini… Curioso di tutto si fa spiegare gli ideogrammi cinesi e i virus; cerca l'origine di parole come «masse» o «intellettuali» per capire il senso originario. Soprattutto ascolta bambini e proletari, esperienze di base, persone pretese "qualunque" (e che hanno spesso visioni del mondo meno distorte dei presunti leader). E' invece «la gente che via via si avvezza al linguaggio ripetitivamente ipnotizzante e narcotico che trasale se incontra un linguaggio creativo: sia esso di un contadino che di Ernst Bloch o di Paul Celan». Ironizza sui sofismi di certi intellettuali, citando Brecht, a che non si indugi «a miniare le pareti di una nave che sta affondando».  Con l'urgenza - sempre - di impegnarsi contro la violenza delle strutture, armata ma anche mediatica. Perché «comunicare» ci ricorda Dolci «significa avere in comune, condividere, sopportare insieme […] concertare, mettersi d'accordo».  Lo ha ricordato, a inizio dicembre, un convegno del Centro psico-pedagogico per la pace (www.cppp.it). «Dolci usava il metodo socratico, maieutico sia con adulti che con ragazzi» spiega Daniele Novara, animatore del Cppp: «Tutti in cerchio, in una situazione di reciprocità. La natura sociale della conoscenza era evidente nel porre una domanda e poi cercare le risposte in gruppo, non c'era chi sapeva fin dall'inizio l'unica risposta esatta come accade a scuola». Novara conobbe Dolci nel 1982, con un gruppo di giovani che come lui aveva scelto l'obiezione di coscienza: «Per due ore ci ha ascoltato» rammenta «e quella sua attenzione a noi fu un grande insegnamento». Fu uno dei pochi che fece davvero paura alla mafia. «Nessuno come Dolci» insiste Novara «ha mostrato, nell'agire come nel processo educativo, che la mafia si batte solo se si svelano i suoi intrecci con il potere politico… Anche oggi quando arrivano davvero in alto, i tribunali si arenano». Nel convegno che il Cppp ha dedicato a Dolci (gli atti usciranno sulla rivista Conflitti ) uno degli interventi più legato all'oggi è di Giancarlo Caselli «contro la furbizia di chi vuole convivere con la mafia» e - sottolinea Novara - «per la ricerca gandhiana della verità».