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Bertinotti, Revelli e la lezione di Dolci

La restaurazione critica del conflitto

A.Leone De Castris
Danilo Dolci è stato un uomo a suo modo tutto politico, com'è evidente se non lo si ricordi "specialisticamente" solo nelle varie componenti fenomeniche della sua personalità. Non era soltanto un benefettore o un fondatore di metodi rieducativi, un protettore di creature precarie, o un elegante profeta della pace, un lottatore ottimista alla fine sconfitto. Era di fatto un sovvertitore consapevole e innocente di regole piovute dall'alto (dai padroni, da scienziati prezzolati da vescovi non conciliati), rimaste fino a quel momento strumenti di repressione e di sfruttamento della miseria.
Lo ha ricordato complessivamente un articolo di Bertinotti (qui, il 14 dicembre u.s.) subito dopo un vivace dialogo con Revelli nel quale si discuteva quasi anticipando l'elogio dell'impegno etico - pratico di Dolci - il fondamentale e attuale rapporto fra il "sociale" e il "politico". Anche in questa discussione, come altre volte ma ora in modo anche più tempestivo, l'idea della "crisi della politica", che è l'idea protagonista - e per così dire "ossessiva" - nel libro recente di Revelli ( Sinistra destra, l'identità smarrita ), sembra comune ma insieme si diversifica decisamente nei due interlocutori: così come risulta altresì nell'emergere dell'idea-matrice del confronto, cioè a proposito del rapporto tra le nozioni di "sinistra" e di "destra". Non è un caso ovviamente che il titolo del libro cancelli la distinzione-indistinzione ( sinistra destra , senza la e , rende reciproche le due parti fino ad affermarne l'eventuale interdipendenza). E il fatto è che questa possibile affermazione conferma il tema centrale della continua ricerca soci-teorica di Revelli: la rovina dell'attuale società mondiale riflette e insieme riproduce una crisi irrimediabile della politica; non solo di questa politica di oggi, rifiutata dagli occulti bisogni di questa società in rovina, disidentificata quest'ultima a sua volta dalle malefatte della morente vendicativa politica.
D'altra parte non è neppure un caso che per Bertinotti le due parti, destra e sinistra, nonostante tutto conservano una definizione attraverso la quale intanto l'elettore medio e gli stessi partiti in qualche modo si riconoscono. E' vero che oggi è in atto il rischio di una sconnessione tra il vissuto reale degli individui e le parole della politica. E tuttavia dura - e speriamo che si riattivi - la consapevolezza che la storia del movimento operaio si è concretizzata attorno alla distinzione della sinistra dalla destra, e l'ha vissuta come l'opposizione di un modello di società-alternativa a quella esistente. Se questo scenario globale sta crollando e "le proposte e i soggetti politici mancano di farsene carico" (Revelli), ebbene si tratta comunque di riambientare "nella politica il conflitto tra socialismo e capitalismo" (Bertinotti).
Le condizioni perché la politica si impegni a perseguire e dirigere un vero sviluppo della società sono tutte interne a questa restaurazione critica del conflitto. Le lotte combattute da Danilo Dolci hanno prodotto "un seme che ha germinato". Anche la sua lezione... accompagna le speranze e le esperienze che si propongono di riprendere nelle proprie mani il destino dell'umanità.
Vivere dunque e lottare per realizzare tutto questo insieme a tante donne e uomini con cui camminare, fraternamente. Certo è possibile sentire in questo impegno comunicativo un appello a "tutti gli uomini di buona volontà": donne e uomini, beninteso, tendenti ad esprimere autonomamente, laicamente, una buona volontà di potere umano, politico, ideale, libero dai rischi della faziosità generica, nemica della natura storica, raggiungibile, della fraterna felicità.

da liberazione.it del 31/01/2008