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Rosa Balistreri, voce dimenticata della Sicilia che non si piega

Roberta Ronconi
Se i luoghi hanno una voce, la Sicilia è la voce di Rosa Balistreri. Un nome ai più sconosciuto, eppure il suo canto ha superato il tempo e i confini, la morte e la dimenticanza. Tornano oggi a noi, le sue canzoni, grazie a una piccola preziossima opera cd Rosa canta e cunta edita dal Teatro del Sole e curata da due giovani siciliani, Francesco Giunta e Giovanni Collea. Presto, a questo piccolo imperdibile scrigno si aggiungerà il tributo ben più altisonante di Wim Wenders che, nel suo ultimo film appena finito di girare, Palermo Shooting , a Rosa ha dedicato ampio spazio nella colonna sonora.
Una donna nata nella Palermo degli anni Venti, da famiglia numerosa e poverissima, che oltre alla fame aveva il solo dono di una voce rimasta a lungo seppellita dalle intemperie dell'esistenza. Ci vuole un viaggio a Firenze, nei primi Sessanta, per raggiungere il corpo di una sorella ammazzata dal marito, e l'incontro con un giovane pittore, Manfredi, perché Rosa capisca che quella sua voce può diventare un grido universale. E la conoscenza con Buttitta, Cicciu Busacca e infine Dario Fo per realizzare che di quello e per quello Rosa può vivere, anche se poi morirà di nuovo affamata e sconosciuta, rinnegata dalla sua stessa Sicilia, venti anni dopo.
In Rosa canta e cunta , otto canzoni inedite ed altre rarissime, che cantano di una Sicilia lontana, fatta di nenie per bambini e di invettive contro i padroni, di preghiere al Signore perché dia da bere alla terra assetata, di emigranti che piangono per il sole lasciato e di Sicilia indorata dai limoni. E poi d'amore e di rabbia, di dolore e di passione. Tutto estremo, tutto rabbioso, tutto all'insegna di una testa che - anche se di femmina povera - non si piega davanti a nessuno, né padroni né amanti.
«E' questo pezzo di storia di Sicilia che vogliamo riportare alla memoria - ci dice il curatore del cd, Collea. Una Sicilia che si tenta di tenere sotto silenzio, Sicilia che ha una storia, scritta nei suoi geni, di riscatto e ribellione alla sopraffazione. E' questa la terra che la voce di Rosa ci restituisce, in un regalo di cui non le saremo mai abbastanza grati».
Eppure, mentre Rosa Balistreri inizia ad essere amata anche fuori dall'Italia - in Germania, In Inghilterra - è proprio l'isola della sua nascita che meno la riconosce. «E' così. Ancora oggi il suo paese d'origine, Licata - continua Collea -, vive la sua memoria con molta ostilità. La nostra è una terra di contraddizioni, in cui ancora accesa è una certa mentalità bigotta e omertosa che non ama si parli di lei in termini così sinceri, né desidera essere rappresentata da una donna come Rosa, che ha fatto una vita da vagabonda amando uomini senza sposarli. Ma, accanto a questa Sicilia, appunto, c'è quella che in Rosa e nella sua forza di ribellione si rispecchia, ieri come oggi. Anche senza conoscerla».
Rosa Balistreri era così. All'inizio della sua carriera cantava cunti ascoltati da bambina, che certo non sapeva essere pezzi rarissimi di cultura orale che grazie a lei sono rimasti vivi sino ad oggi. Ma poi, quando quel mondo un po' bohèmien di giovani fiorentini le insegnò a pensare con la sua testa, a ragionare in termini di politica e di lotta, Rosa non si fermò più. Imparò a prendere una chitarra in mano (quei quattro accordi che sapeva glieli insegnò un prete di Firenze) e a gridare in faccia a tutti quello che pensava. Sempre dalla parte dei più deboli, degli ultimi, di quelli che come lei si erano messi un paio di scarpe ai piedi solo dopo i vent'anni.
Tra le sue interpretazioni introvabili, quella di Vitti na crozza , testo duro di morte e inferno in terra che Rosa si rifiutava di cantare in pubblico proprio per la forza esplosiva che quel testo aveva dentro di sé. Rosa canta e cunta contiene invece una versione bellissima della canzone che dà il titolo all'album e che, in due versi, riassume tutta l'indicibile forza di una melodia: «canto e cuntu, cuntu e canto/pi nun perdiri lu cuntu». Ovvero cantare per non dimenticare il racconto, cantare per ricordare. Perché la memoria è la nostra salvezza, l'unica luce che può illuminare la strada di un futuro diverso.
Un album che non è solo musica Rosa canta e cunta , ma un pezzo della nostra storia collettiva, incarnata nella voce di una donna che anche in una registrazione, sembra urlarci in faccia la forza della vita.
da liberazione.it del 15/12/2007