Giovani Comunisti/e circolo "Peppino Impastato" - Partinico (PA)                         

Circolo di Partinico

Se fumi uno spinello rischi vent'anni di carcere

Senato, il Governo pone la fiducia sul decreto. Ora tocca alla Camera

"Droga pesante" ieri al Senato, con i 148 voti a favore della maggioranza e gli 82 contrari delle opposizioni, e con larghe faglie di partecipazione.

Un piacere alla Lega e uno ad An, da vantare come manifesto per la campagna elettorale, Silvio Berlusconi non glielo può negare, dopo cinque anni di sostegno governativo: martedì "sparatorie a gogò" ai famigli di Bossi; mercoledì soldi e carriere militari ai confratelli del Cavaliere; giovedì carcere duro per i tossicodipendenti a Fini e ai suoi sodali. Chissà cosa si aspetta l'Udc.

Per la verità, l'unica cosa "stupefacente" ieri a Palazzo Madama, in un pomeriggio di freddo da cani e sferzate di pioggia gelata, è stata la passerella dei parlamentari di destra che, abbassata la testa ed espresso nominalmente e a voce alta il proprio sì all'inasprimento delle pene sulla droga, hanno pagato il loro prezzo al voto di fiducia preteso ancora una volta - non fidandosi in fondo neppure dei propri accoliti - dalla Casa delle Libertà.

Tanto, punizioni più severe e indistinte per sostanze leggere e droghe pesanti si sa che sono destinate e le sconteranno sempre e solo i poveri cristi, ché tante personalità di sicuro non corrono il rischio di finire in galera e casomai potranno sempre "riabilitarsi" presso comunità ben protette e importanti e riservatissime cliniche private nazionali o, meglio ancora, estere.

C'è da congratularsi con Lapo Elkann per lo scampato pericolo, perché da oggi comperare un po' d'erba o possedere e fumarsi uno spinello è equiparato, nelle massime sanzioni previste, ai delitti di mafia e di terrorismo.

La norma votata dal centrodestra, fortemente voluta da Alleanza nazionale e dal suo presidente, non fa infatti distinzione tra marijuana ed eroina, tra una pista di coca e una tirata di hashish. Parla genericamente di narcotici, pasticciando con amfetamine e acido lisergico, crack e cannabis, ecstasy e quant'altro, per le quali sarà comminata «la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da 26mila a 260mila euro» a chiunque «coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo, sostanze psicotrope».


L'elenco è contenuto in una tabella presente nel provvedimento, senza distinzione tra droghe leggere o pesanti. E chi «importa, esporta, acquista e detiene» tali sostanze per «uso personale», rischia ugualmente una punizione fino a 20 anni se supera un quantitativo per ora non ancora stabilito ma che sarà fissato in un successivo «decreto del Ministero della Salute emanato di concerto con il ministro della Giustizia, sentita la presidenza del Consiglio - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga».

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, che ha anche la delega per le tossicodipendenze, ha ribadito la posizione del centrodestra, giustificando una così grave intransigenza con il fatto che «la droga è sempre illecita» e chiamando a gran voce - quali testimoni della necessità di pene tanto drastiche - i don Gelmini, i don Picchi, i don Lo Bue e finalmente i Muccioli della Comunità di San Patrignano: il fior fiore delle strutture private, cattoliche o parareligiose, che da qualche lustro assorbono la quasi totalità delle risorse pubbliche destinate al recupero e alla riabilitazione dei "tossici".

«Siamo alla caduta, al precipizio del principio della certezza della pena», obbietta il senatore diessino Guido Calvi, avvocato di chiara fama e raffinata competenza giuridica, contestando il fatto che «ci troviamo di fronte alla definizione di una fattispecie tipica di un reato punito con una pena fino a vent'anni che si forma non in quest'Aula parlamentare ma attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale».

«Il sotterfugio, la scorciatoia, il legiferare rasentando l'incostituzionalità contraddistingue questo governo», ha affermato Gigi Malabarba, presidente dei senatori di Rifondazione comunista. «Nel testo introdotto come emendamento al decreto sulle Olimpiadi, viene proposta un'unica tabella per tutti i diversi tipi di sostanze. La definizione della quantità sopra la quale scatta l'accusa di spaccio è demandata a un gruppo tecnico-scientifico del Ministero della Salute, attribuendo in questo modo a una commissione tecnica la determinazione di un reato penale. Cosa insostenibile in termini di diritto».

Per Malabarba «dietro a questo decreto si intravede il disprezzo per coloro che vivono i problemi delle dipendenze patologiche e l'odio per i giovani e i loro stili di vita, confermato dalla penalizzazione della cannabis, che viene equiparata nella repressione all'eroina o alla cocaina... Sulla pelle dei tossicodipendenti e delle loro famiglie, in realtà, si vuole costruire un impero di affari, offrendo l'alternativa al carcere a comunità autoritarie e di pseudo-recupero».

E' la proposta di «una maggioranza alla ricerca dei voti degli strati più conservatori della società - sostiene il capogruppo del Prc annunciando il voto contrario - per un'operazione elettoralistica di stampo securitario».

Adesso la palla ritorna alla Camera, dove sarà necessario un altro voto di fiducia per bruciare i tempi e far passare obtorto collo un provvedimento che persino qualche ministro avrebbe molte ragioni di bocciare.

L'elenco è contenuto in una tabella presente nel provvedimento, senza distinzione tra droghe leggere o pesanti. E chi «importa, esporta, acquista e detiene» tali sostanze per «uso personale», rischia ugualmente una punizione fino a 20 anni se supera un quantitativo per ora non ancora stabilito ma che sarà fissato in un successivo «decreto del Ministero della Salute emanato di concerto con il ministro della Giustizia, sentita la presidenza del Consiglio - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga».

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, che ha anche la delega per le tossicodipendenze, ha ribadito la posizione del centrodestra, giustificando una così grave intransigenza con il fatto che «la droga è sempre illecita» e chiamando a gran voce - quali testimoni della necessità di pene tanto drastiche - i don Gelmini, i don Picchi, i don Lo Bue e finalmente i Muccioli della Comunità di San Patrignano: il fior fiore delle strutture private, cattoliche o parareligiose, che da qualche lustro assorbono la quasi totalità delle risorse pubbliche destinate al recupero e alla riabilitazione dei "tossici".

«Siamo alla caduta, al precipizio del principio della certezza della pena», obbietta il senatore diessino Guido Calvi, avvocato di chiara fama e raffinata competenza giuridica, contestando il fatto che «ci troviamo di fronte alla definizione di una fattispecie tipica di un reato punito con una pena fino a vent'anni che si forma non in quest'Aula parlamentare ma attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale».

«Il sotterfugio, la scorciatoia, il legiferare rasentando l'incostituzionalità contraddistingue questo governo», ha affermato Gigi Malabarba, presidente dei senatori di Rifondazione comunista. «Nel testo introdotto come emendamento al decreto sulle Olimpiadi, viene proposta un'unica tabella per tutti i diversi tipi di sostanze. La definizione della quantità sopra la quale scatta l'accusa di spaccio è demandata a un gruppo tecnico-scientifico del Ministero della Salute, attribuendo in questo modo a una commissione tecnica la determinazione di un reato penale. Cosa insostenibile in termini di diritto».

Per Malabarba «dietro a questo decreto si intravede il disprezzo per coloro che vivono i problemi delle dipendenze patologiche e l'odio per i giovani e i loro stili di vita, confermato dalla penalizzazione della cannabis, che viene equiparata nella repressione all'eroina o alla cocaina... Sulla pelle dei tossicodipendenti e delle loro famiglie, in realtà, si vuole costruire un impero di affari, offrendo l'alternativa al carcere a comunità autoritarie e di pseudo-recupero».

E' la proposta di «una maggioranza alla ricerca dei voti degli strati più conservatori della società - sostiene il capogruppo del Prc annunciando il voto contrario - per un'operazione elettoralistica di stampo securitario».

Adesso la palla ritorna alla Camera, dove sarà necessario un altro voto di fiducia per bruciare i tempi e far passare obtorto collo un provvedimento che persino qualche ministro avrebbe molte ragioni di bocciare.

di Gemma Contin "Liberazione" del 27/01/2006