Giorgio
Cremaschi
L’ambasciatore Sergio Romano, ha detto in televisione che gli
studenti che oggi occupano la Sorbona sono dei conservatori, mentre quelli
che lo facevano nel ’68 erano dei rivoluzionari.
A parte l’apprezzamento per la postuma rivalutazione del Sessantotto,
non siamo d’accordo. Gli studenti che oggi lottano in Francia sono sì
molto diversi dalla generazione di quasi quarant’anni fa. Essi infatti
stanno in una scuola sempre più sottomessa ai ritmi della produzione e del
mercato globale. Anche in un paese come la Francia, ove la scuola pubblica
è infinitamente migliore della nostra, la pressione del mercato sgretola
il diritto all’istruzione. E lo trasforma nella più misera pratica della
“formazione”, che sta alla cultura come i McDonalds stanno ai buoni
ristoranti.
Ma forse è proprio la maggiore persistenza dello spirito pubblico nella
scuola francese, quello che fa sì che gli studenti si ribellino a una
legge sul mercato del lavoro. Qui sta infatti il significato profondo e
nuovo del movimento francese. Gli studenti non lottano contro una riforma
della scuola, contro una legge che riguardi direttamente l’andamento degli
studi. Essi occupano le università contro una legge che precarizza
ulteriormente il mercato del lavoro.
La legge sul primo impiego (Cpe), stabilisce infatti che i giovani
sotto i 26 anni possano essere assunti con contratti a termine e in prova
di due anni. Durante questo periodo il lavoratore può essere licenziato in
qualsiasi momento senza giusta causa.
E’ questo un provvedimento che sta cercando di varare anche il governo
socialdemocristiano tedesco. In tutta Europa, del resto, è in corso
l’offensiva contro i diritti del lavoro: nei singoli paesi si seguono a
volte strade diverse, ma che conducono tutte allo stesso obiettivo.
In Spagna una legge di tipo francese non susciterebbe certo particolare
emozione, visto che il mercato del lavoro è già oggi tra i più precari
d’Europa. In Italia, con il pacchetto Treu prima e la Legge 30 poi, si è
creata una tale disponibilità di contratti di lavoro precari, che le
imprese hanno solo l’imbarazzo della scelta.
In mercati del lavoro più strutturati del nostro, nei quali c’è ancora
qualche diritto in più che da noi, come in Francia o in Germania, la legge
sul primo impiego rappresenta invece il modo per giungere alla
precarizzazione totale del mercato del lavoro.
Così oggi in Francia assistiamo allo stesso dibattito pubblico che
abbiamo visto in Italia sulla Legge 30. Il governo che spiega che è meglio
un lavoro precario che nessun lavoro, gli industriali che dichiarano che
quella legge è solo un inizio, visto che la globalizzazione richiede ben
altri livelli di flessibilità e di precarietà, i sindacati che, con
qualche differenza di giudizio, complessivamente respingono quel
provvedimento.
Fin qui, quello che accade oltralpe è la riproduzione di quanto avviene
in tutta Europa. La vera novità sono gli studenti. Finora le lotte contro
la precarizzazione del lavoro, là dove ci sono state, erano una questione
dei diretti interessati e dei sindacati. Con il movimento francese la
lotta alla precarietà diventa un’altra cosa. Essa assume il valore di una
questione politica generale, si pone al centro di un conflitto che
percorre tutta la società.
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