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«La grande questione è cosa faranno i sindacati contro il Cpe»

Oggi il movimento degli studenti francesi torna in piazza. Parla Alain Lipietz deputato europeo dei Verdi francesi, ex-ricercatore al Comitato nazionale di ricerca scientifica. «Se cominciano gli scioperi, la dinamica assomiglia al maggio ’68»

Francesco Giorgini, Liberazione 16 marzo 2006
Parigi


Oggi tutti in piazza. Gli studenti universitari, ma anche i liceali - sempre più numerosi - scenderanno nelle strade di tutte le città francesi per il “loro” giorno di mobilitazione nazionale. Prima del grande appuntamento con i sindacati dei lavoratori per i cortei unitari di sabato prossimo. E’ stata una vigilia incoraggiante. Anche il ministero dell’Educazione ammette, certo sempre più di malavoglia, che il movimento si è allargato ancora. Ufficialmente si è passati da 40 a 50 università in lotta. I conti degli studenti che sembrano più credibili sono ancora più netti: parlano di 64 su 84. Clamoroso l’esempio dell’università di Tolosa 3 che ieri ha votato il blocco e che non aveva mai visto picchetti nei suoi oltre quaranta anni di storia.

La febbre sale e si diffonde anche nei licei, all’inizio in centro città e negli ultimi giorni in periferia. E tanto nelle università che nell’insegnamento superiore sono sempre di più i professori a solidarizzare con la contestazione. Dai sindacati di base dei lavoratori, alla ricerca di una rivincita, arriva chiaro il messaggio: allargare e rafforzare la mobilitazione. E si comincia anche a parlare di sciopero interprofessionale. Sul fronte politico la gauche - che ha ritrovato unità e ragion d’essere - assedia l’esecutivo fino a domandare le elezioni anticipate. Il governo si stringe attorno al premier e Chirac chiede di riallacciare il dialogo; mentre, nei corridoi ministeriali, molti membri della maggioranza cominciano a chiedersi come uscire onorevolmente dal braccio di ferro. Sulle prospettive del movimento abbiamo intervistato il deputato europeo dei Verdi francesi Alain Lipietz, ex ricercatore al Cnrs.


Il movimento anti Cpe è il primo movimento di massa in Europa contro il precariato?

Non so se il primo in Europa, ma è certo il primo movimento in Francia, contro il precariato, portato dalle vittime stesse del precariato. Sino ad ora le grandi lotte sociali erano condotte principalmente dai lavoratori salariati tradizionali che anche quando lottavano contro la flessibilità non erano coinvolti che marginalmente dalla precarizzazione. L’ultimo grande movimento è quello del 1995 contro i tagli alla protezione sociale ed è stato condotto essenzialmente dai lavoratori più protetti e garantiti del settore pubblico (si parlò per i salariati del privato che non scioperavano, di “sciopero per procura”, ndr). Oggi per la prima volta sono i precari stessi e in particolare i giovani precari che entrano in lotta. Quanto a sapere se sono i primi in Europa poco importa. Si potrebbe forse compararli, in altri tempi, agli indiani metropolitani della fine degli anni ’70 in Italia. Quello che è interessante è che questa volta è un movimento esplicitamente studentesco: costruito dai e sui sindacati studenteschi. Ma contro una modifica delle leggi sociali. E’ dunque, esattamente, un movimento della gioventù contro la flessibilità.


In questo quadro che ruolo giocano i sindacati dei lavoratori?

Bisogna ricordare che alle prime manifestazioni contro il Cpe, quelle del 7 febbraio, gli studenti quasi non c’erano. C’erano i sindacati dei salariati che hanno reagito prima degli studenti e dei precari e hanno capito subito l’importanza della posta. Ora la questione per i sindacati e per i lavoratori è decidere se continuare a prendere parte al movimento solo nella forma delle grandi manifestazioni fuori dall’orario di lavoro come quella di sabato prossimo o se invece cambiare marcia e cominciare anche a scioperare contro il Cpe. Non è un’evidenza e non è affatto scontato che ci si arrivi. Ma se cominciano gli scioperi allora entriamo davvero in una dinamica di tipo “maggio 68”.


Ossia?

Partendo da un movimento studentesco che serve da detonatore, il movimento operaio, che non ne può più, si scatena. Un elemento che può pesare è il calendario: siamo solo in marzo, il movimento ha molto tempo davanti a sé e non rischia di vedersi asfissiato dall’incombenza della tregua estiva. Due anni fa il movimento di massa contro i tagli alle pensioni aveva dovuto rassegnarsi ad una “ritirata strategica” prima di finire essiccato dal sole estivo. Per i sindacati è stata una brutta scontitta e una lezione amara, ma probabilmente propedeutica. Oggi c’è il tempo per tenere una lotta di diverse settimane. C’è una vera volontà di mobilitazione anche nei sindacati più riformisti e concertativi, persino il sindacato cristiano Cftc, il più a destra, è pronto ad alzare lo scontro. Per la semplice ragione che altrimenti non ci sarà più sindacalismo in Francia dopo quattro anni di sconfitte sociali e politiche. L’unico timore che può inibire le direzioni sindacali è il rischio di un’altra ritirata. D’altra parte c’è un malcontento assolutamente impressionante nella società ereditato, anch’esso, da quattro anni di governi di destra. E per finire il Cpe è talmente abberrante rispetto al diritto e alla tradizione francesi che una parte della destra e del padronato non andrà in trincea per difenderlo. Tutto questo mi porta a dire che le probabilità di vincere sono più alte di quanto lo siano state da molto tempo a questa parte.