I principali quotidiani riconoscono la forza
del movimento contro il Cpe. Apertura di Chirac
Francesco
Giorgini
Parigi
Dopo l’onda alta dei cortei studenteschi che ieri
hanno portato in piazza quasi mezzo milione di universitari e liceali in
più di ottanta città francesi, il presidente Chirac ha rilanciato ieri
l’appello al compromesso: «Il governo è aperto al dialogo» ripete Chirac e
insiste perché questo (il dialogo, ndr) parta al più presto. Un invito al
dialogo arrivato prima delle grandi manifestazioni unitarie di lavoratori
e studenti di oggi.
Un appello molto simile a quello già lanciato mercoledì scorso dallo
stesso presidente in Consiglio dei ministri e peraltro già respinto dal
movimento e dai sindacati. Questa volta, invece, sembra rivolto più
sottilmente al suo primo ministro e delfino prediletto de Villepin, sempre
più inchiodato ad un muro contro muro che si inasprisce e si radicalizza
col passare dei giorni e l’allargarsi della contestazione.
Una rassegna stampa sommaria dei quotidiani francesi di ieri illustra,
a tratti grezzi, ma pertinenti, i limiti e le prospettive di questo
braccio di ferro sempre più duro tra il governo monocolore Ump di de
Villepin e il movimento contro il Cpe che cresce e si consolida. A
cominciare da Le Figaro, il quotidiano conservatore di riferimento, che in
“prima”, su una foto di mezza pagina che ritrae gli studenti in corteo,
riconosce nel titolo la «dimostrazione di forza dei giovani». L’editoriale
poi è una sorta di bilancio senza concessioni dell’impasse in cui il
premier e la sua maggioranza si sono incagliati; è un grido d’allarme per
i giorni scuri che attendono la destra. «Ogni nuova manifestazione aumenta
le speranze della gauche per le elezioni presidenziali e legislative del
2007» spiega il direttore Nicolas Beytout. Bisogna dunque uscire dalla
secca il prima possibile senza coltivare la speranza vana di un ipotetico
affievolirsi del movimento. Sapendo anzi che ogni giorno di contestazione
in più renderà più salato il prezzo che il governo dovrà pagare per uscire
dalla crisi.
Manifestazioni ora, forse scioperi a breve, «l’ingranaggio è talmente
pericoloso» scrive Beytout evocando, senza citarlo, lo spettro del
Sessantotto. De Villepin ha, secondo il direttore di Le Figaro due
opzioni: il ritiro del Cpe che però lascerebbe gli elettori di destra
frustrati e delusi, la maggioranza ingolfata in piena corsa verso le
elezioni e il bilancio sociale di Chirac annientato; oppure la riforma del
Cpe da negoziare con sindacati e studenti.
Un’ipotesi quest’ultima che vista dalla parte del fronte anti-Cpe pare
remota se non proprio inaccettabile. E la spiegazione la si trova nella
prima pagina di un altro quotidiano francese il nazional-popolare Le
Parisien che titolava «Due francesi su tre per il ritiro del Cpe».
All’interno un sondaggio dell’istituto Csa mostra come ormai il 68% dei
francesi sia favorevole al ritiro puro e semplice del contratto primo
impiego. Erano il 55% una settimana fa. Un aumento di 13 punti in sette
giorni che conferma come il governo abbia perso la battaglia dell’opinione
e come la contestazione goda ormai di un solido consenso, anche tra chi in
piazza non c’è ancora andato. Ma il sondaggio rivela anche un’altra spina
per Villepin. Il 67% degli elettori di destra infatti resta favorevole al
Cpe. Erano il 65% una settimana fa. Una conferma che mette il premier di
fronte ad un’equazione politicamente inestricabile.
De Villepin ha contro più di due terzi del Paese, ma il suo zoccolo
duro elettorale gli chiede palesemente di non cedere e di tirare dritto.
E’ appunto quello che un altro quotidiano francese Liberation chiama il
«Grande blocco». In questo quadro arrivano per Villepin anche le prime
obiezioni interne. Ieri, Patrick Devejan, uno dei colonnelli del
superministro dell’Interno e rivale dello stesso Villepin - Sarkozy - ha
messo esplicitamente in dubbio l’operato del premier. Tanto sulla forma,
autoritaria e non negoziata, con cui è stato presentato il Cpe, che sul
fondo del progetto, che rivolgendosi ad una categoria precisa dei
cittadini (i giovani, ndr) sembra discriminarla. E’ il segno che a destra
l’inquietudine aumenta. E i più iperbolici tra i commentatori francesi
cominciano a suggerire scenari apocalittici. Come una possibile dimissione
di Villepin o un possibile ricorso a elezioni anticipate, che avrebbero il
merito, per il campo conservatore, di prendere di sorpresa una gauche
assolutamente impreparata, senza strategia comune, senza accordi e senza
un candidato indiscusso. Ipotesi ardite, appunto. Per ora il governo
profitta di quel po’ di respiro concessogli dal fumo degli scontri di
giovedì che hanno occupato per tutta la giornata di ieri radio e
televisioni con le auto incendiate, i bistrot saccheggiati, il conto dei
feriti e la sorte dei 300 arrestati di cui ancora 77 erano ieri in stato
di fermo. De Villepin ha ricevuto in serata i rettori delle università a
dimostrazione della propria buona volontà. Ma da oggi, la pressione
ritornerà fortissima con i cortei unitari che rischiano di essere enormi
se non proprio oceanici.
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