Checchino
Antonini
Quattro poliziotti indagati per omicidio preterintenzinale,
una pm che molla l’inchiesta e due nuove figure che compaiono nella scena
ferrarese delle indagini sulla morte di Federico Aldrovandi. Dopo giorni
di voci di corridoio, indiscrezioni e di relativa eclisse, il caso del
diciottenne morto durante un misterioso e brutale controllo di polizia
riesplode, a quasi sei mesi dai fatti, con una mole di novità annunciate,
in gran parte, dal procuratore capo di Ferrara, Severino Messina che ieri
ha convocato la stampa per confermare l’iscrizione al registro degli
indagati dei quattro agenti, uno dei quali una donna, che arrivarono in
Via Ippodromo, all’alba del 25 febbraio 2005 a bordo di due volanti. Un «atto tecnico»,
quell’iscrizione tra gli indagati. Ma un atto che conferma i dubbi dei
familiari su indagini affidate alla polizia medesima. Un atto che non
presupporrebbe «alcuna ipotesi di responsabilità», secondo il procuratore
capo di Ferrara che snocciola gli altri colpi di scena. Il primo è
l’abbandono delle indagini da parte della pm Mariaemanuela Guerra - che
rassicurò la madre e il padre di “Aldro” sull’imparzialità delle indagini
- che se ne andrebbe, il condizionale è d’obbligo vista la discrezione
della magistrata in tutta la vicenda, per motivi familiari e personali.
L’altro nuovo elemento è l’irruzione sulla scena di Francesco Maria Avato,
direttore dell’istituto di medicina legale del capoluogo estense. Sarà
lui, entro il 7 aprile prossimo, a dirimere la controversia tra le due
perizie, quella dei consulenti della famiglia Aldrovandi e l’altra dei
periti nominati dalla pm. L’una attribuisce la morte del diciottenne al
trattamento ricevuto durante il violento controllo di polizia - due
sfollagente tornarono a pezzi in centrale - su un ragazzo con le funzioni
respiratorie stressate dal blando mix di sostanze riscontrate dalla
perizia tossicologica e scaraventato in un fatale stato di agitazione
dalle modalità del contatto con le forze dell’ordine. L’altra, invece,
enfatizza il ruolo delle sostanze nel determinare condizioni di
particolare stress respiratorio ma non può fare a meno di descrivere per
filo e per segno le conseguenze delle manganellate su tutto il corpo del
ragazzo né può esimersi dall’evidenziare, seppure con un linguaggio
prudentissimo, le possibili conseguenze dell’immobilizzazione e
dell’ammanettamento. Con buona pace di chi vorrebbe distinguere tra
«asfissia colpevole» e asfissia incolpevole». Circostanze su un
ammanettamento “vigoroso” confermate da testimoni diretti e indiretti, in
deposizioni regolari ma anche in lettere anonime definite
circostanziate, che hanno costretto la questura a ripetute
rettifiche della versione ufficiale e a rabbiose reazioni contro
chi, su stampa e internet o dai banchi del parlamento o del
consiglio comunale, osasse mettere in dubbio quella versione.
Testimoni mai presi in considerazione nelle esternazioni provenienti
da ambienti di questura e procura. Neppure ieri.
Naturalmente c’è un “ma” anche nell’ingresso del nuovo perito di parte.
Una novità che viene accolta con «stupore» dagli avvocati della famiglia
Aldrovandi tra i quali, proprio ieri, è entrato a far parte il bolognese
Alessandro Gamberini, legale di Adriano Sofri, tra gli altri, e di
Giuliana Sgrena. «Se il contrasto tra le perizie fosse radicale, e non lo
crediamo, sarebbe stato giusto chiedere un incidente probatorio - scrivono
Fabio Anselmo, Riccardo Venturi e Gamberini - lasciando al giudice il
compito di nominare un perito sopra le parti». Mentre Avato, che non
avrebbe alcuna competenza tossicologica, non solo è il diretto superiore
dei due periti del pm, ma è stato «nel recente passato, protagonista di
polemiche e di critiche da parte dello stesso ufficio che oggi gli
conferisce un incarico così delicato». Il nome di Avato è ricorso in
alcune vicende di malasanità e «fu proprio la pm Guerra - spiega la mamma
di Federico - a togliere alla medicina legale di Ferrara, di cui è
dirigente, l’incarico della perizia sull’omicidio di Consandolo per
affidarla alla medicina legale di Modena». Ora, proprio la procura di
Ferrara gli concederebbe la chance di rifarsi affidandogli le
controdeduzioni su una perizia modenese. E’ da lì che arrivano i periti
degli Aldrovandi.
Dunque l’ipotesi di reato, dopo sei mesi di faticosissime indagini, è
quella di omicidio preterintenzionale, al di là delle intenzioni, «di
evento delittuoso, le cui conseguenze sono più gravi di quanto fosse nelle
intenzioni dell’autore», precisa il dizionario De Mauro. «Era ora!»,
esclama Patrizia Moretti, madre di Federico, alla notizia dell’iscrizione
tra gli indagati dei quattro agenti che “incontrarono” suo figlio. Poi
accende il computer e commenta le novità sull’ormai famoso blog. «Secondo
me quest’atto era dovuto sei mesi fa e comunque la precisazione del
procuratore capo sembra fatta più da un avvocato difensore che da un
giudice».
Gli scenari a Ferrara sembrano tutti aperti. A partire
dall’archiviazione, possibile solo se esistono nomi sul registro. Ma in
genere la richiesta di archiviazione arriva insieme alla notizia di
iscrizione. La non contestualità potrebbe essere un segnale a un’opinione
pubblica scossa, dentro e fuori città, dalla morte innaturale di un
giovane. Sarà decisivo il ruolo del successore di Maria Emanuela Guerra.
Ma potrebbero non essere, quelli di ieri, gli ultimi colpi di scena della
vicenda. La famiglia Aldrovandi chiede un pubblico dibattimento. I suoi
avvocati fanno capire che potrebbero arrivare nuove denunce. |