Checchino
Antonini
Si può non essere d’accordo con quel ragazzo vestito da prete
e il suo cartello che reclama “Più Maria, meno Gesù” ma “Giusto o
sbagliato non può essere reato”. E’ per difendere la libertà personale di
gestire il proprio corpo e determinare la propria socialità che almeno in
50mila, ma ci sono anche più ottimistiche stime, hanno dato vita al grande
carnevale antiproibizionista andato in scena ieri a Roma. «La più grande
manifestazione del genere in Italia. Finora, perché la crescita del
movimento è imprevedibile», osserva il milanese Daniele Farina, del
Leoncavallo, con il cellulare surriscaldato per le notizie provenienti
dalla sua città. Ma, se Milano “brucia”, Roma certamente manda segnali di
fumo contro la legge Fini appena promulgata. Una street parade che guarda
il centro di Roma da certe fessure per gli occhi ritagliate nelle maschere
verdi a forma di foglia di marijuana. E se guardi bene sono foglioline
dorate anche le stelline della bandiera europea stampata su molte
magliette. Ballano appresso a una ventina di sound system montati su
camion, si lanciano coriandoli, si riprendono con i telefonini, pedalano
biciclette dalle forme stravaganti ma, soprattutto queste ragazze e
ragazzi ragionano, scrivono su cartelli e striscioni le ragioni di una
“Inarrestabile scelta di massa”. I cannoni e le bombe sono dappertutto:
gonfiabili, di cartapesta, giganteschi e veri. La protesta è anche
nell’aria del centro della capitale e nelle migliaia di mani a conca che
sbriciolano, arrotolano e accendono. Ma sono cannoni e bombe che, a
differenza di quelli utilizzati nelle operazioni di polizia internazionale
o guerra umanitaria che dir si voglia, non uccidono. Anche questa legge
uccide. In coda al corteo, Annamaria spiega che «la penalizzazione del
consumo aumenta la carcerizzazione e spinge i consumatori a eclissarsi». E
in fumo, allora, vanno le politiche di riduzione del danno di cui
Annamaria e i suoi colleghi dell’associazione La Tenda, di Roma, cercano
di farsi carico con un’unità di strada. Anche durante il corteo, il
furgoncino de “La Tenda” è attrezzato con succhi di frutta, acqua e altro
per soccorrere chi dovesse sentirsi male. Lo stesso scrupolo per i bolognesi del Livello 57
pronti al “pill-testing”, la verifica della composizione di eventuali
pasticche e i loro colleghi del progetto Oltre il muro. Migliaia di
bigliettini passano di mano in mano coi numeri dell’emergenza. Liberi ma
consapevoli questi “Fumatori senza Fini”. Ad alternarsi ai tir suonanti
sono parecchi i camper degli operatori del privato sociale messi in
discussione da una legge che «espropria alle strutture pubbliche - spiega
Gianni, un altro operatore di strada - la certificazione di
tossicodipendenza e la regala alle stesse comunità che su quei “tossici”
prenderanno contributi». Film già visto di autoritarismo che si sposa a
dosi massicce di conflitto di interessi. Inoltre, «si abbassa, col
probizionismo, la qualità delle sostanze, scaraventate in un gigantesco
supermarket dove sono tutte sullo stesso scaffale, tutto si fa più caro e
più pericoloso». «Più morte e più abuso - avverte Francesco Piobbichi,
responsabile delle questioni sulla tossicodipendenza per il Prc - ecco
quello che produce davvero il proibizionismo alzando il livello
dell’utilizzo problematico delle sostanze». E poi «mancano ancora le
tabelle che stabiliscono il confine tra spaccio e consumo - dice il
genovese “Megu” Chionetti - così siamo in balìa del libero arbitrio della
discrezionalità delle procure». Quella tabella, secondo Giovanni Russo
Spena, «sarebbe meglio andasse in fumo anche lei visto che è affidata a
una commissione scelta in base alla tessera di An». Le prime conseguenze
della legge, “nascosta” dal governo nel decreto d’urgenza per le olimpiadi
torinesi, sono nel cresciuto livello d’attenzione nei luoghi di
elaborazione e di pratica antiproibizionista, i centri sociali, ossatura
della mobilitazione a cui aderiscono collettivi studenteschi, precari, Prc
e giovani comunisti, Uds, verdi, sinistra giovanile, insieme nel cartello
“ConFiniZero”. Tutto ciò non ha impedito, però, la realizzazione di
iniziative storiche come la festa del raccolto nel Forte Prenestino di
Roma. Non stona, nelle considerazioni finali, l’aggettivo «stupefacente»,
usato dal coordinatore nazionale dei Gc, Michele De Palma, per una
manifestazione «che intercetta la maggioranza di una generazione che non
fa sconti su libertà e diritti». Non a caso la campagna elettorale dei
giovani del Prc sarà all’insegna di cartine antiprobizioniste e contro le
mafie.
In testa al corteo si legge uno striscione: «Dio perdoni don Gelmini».
Frase di don Gallo, coraggioso prete partigiano, fondatore della comunità
di S. Benedetto al Porto, che giovedì ha “dato scandalo” accendendosi una
canna in una sala di Tursi, il municipio genovese. Gelmini, star
televisiva di prima grandezza dell’epoca berlusconiana, fondatore delle
comunità Incontro, quando è passata la legge Fini ha voluto innalzare al
suo cielo un sinistro “Alleluja”. I ragazzi di don Gallo, che aprono le
danze con i centri sociali della Liguria e i torinesi, sono pronti a
disobbedire alla legge: «Come, lo decideremo tutti insieme», spiega
Stefano, 35 anni, uno dei più anziani a sfilare, ospite da 6 mesi a S.
Benedetto, comunità che «non reprime».
Continua Farina: «Qui si sta producendo nuova legalità contro il
delirio sicuritario. Chiediamo al prossimo governo dell’Unione di
cancellare per decreto e immediatamente la legge Fini». «Ma l’impegno deve
arrivare prima della scadenza elettorale insieme a quello per la
decriminalizzazione di tutte le condotte legate al consumo prevedendo
anche la possibilità di autocoltivarsi l’erba», incalza ancora Piobbichi.
In verità, il suo omologo nei ds, Beppe Vaccari, prova a fare dei
distinguo: «Abolire subito la legge Fini e poi avviare un percorso
dell’attuazione del programma». Ancora più tiepido il suo segretario che
commenta il titolo della prima di Liberazione (quello del programma per i
primi 100 minuti di Prodi): «Certamente la legge non può rimanere così».
«Ma noi siamo pronti a raccogliere le firme per il referendum», avverte
Paolo Cento. Tanto più che la piattaforma del corteo - non punibilità del
consumo e strategie di riduzione del danno - «è considerata ragionevole in
mezza Europa», spiega Vittorio Agnoletto che, prima di essere
eurodeputato, è stato presidente della Lila, la lega per la lotta
all’Aids.
Pur non essendo tra i promotori della manifestazione, anche la Cgil la
trova «straordinaria: l’Unione non potrà non tenerne conto», spiega
Giuseppe Bortone, che si occupa della materia a Corso Italia da dove
rilancia il programma minimo: depenalizzazione delle condotte legate al
consumo e rilancio dei servizi con risorse adeguate. E’ opinione diffusa
nella sfilata rumorosa che, con la cancellazione delle norme Fini, il
nuovo auspicato cambio di governo convochi subito una conferenza
sull’argomento. «Dovremo parteciparvi in tanti - promette Farina - dentro
e fuori». |