Affetto da sclerosi multipla, avvocato, in
terapia presso diversi centri neurologici, trova una speranza nel
“Thc”
Valentina
Puja
Paolo Buccolieri, 39 anni, è avvocato e soffre di sclerosi
multipla ormai da 14 anni. Nel corso della sua patologia è stato in cura
in diversi centri specialistici neurologici e sottoposto a terapie con
farmaci ad elevata tossicità ed innumerevoli effetti collaterali. Davanti
all’inefficacia e dei metodi «convenzionali» decide di autoprescriversi la
terapia che gli consente finalmente di alleviare le sue sofferenze: nessun
effetto collaterale, né «effetto speciale» stiamo parlando semplicemente
della cannabis, pianta da sempre coltivata nelle regioni con un clima
temperato ed utilizzata per molteplici scopi che vanno dal tessile alla
cosmesi naturale fino appunto alla medicina.
La cannabis è un potente miorilassante, decontratturante e
antiepilettico con inoltre un discreto effetto antidepressivo, che a
differenza di altri antiepilettici miorilassanti chimici come il Neurontin
della Pfzer o il Depakin Crono non provoca in lui pericolosi scompensi
ematici con forti riduzioni dei globuli rossi. Scompensi ematici che in un
paziente assiduamente trattato con interferone e nelle crisi acute anche
con cortisone, diventano ancora più pericolosi perchè aggravati dai
devastanti effetti collaterali che questi farmaci gli provocano.
La cannabis, oltre ad alleviare gli effetti indesiderati
dell’interferone, è infatti impiegata anche in altri interventi palliativi
come nella terapia del dolore, o come stimolatore di appetito nelle
chemioterapie. «L’indiscutibile efficacia terapeutica e l’inesistente
tossicità della pianta, dovrebbero sancire il suo ingresso nel commercio
o, come le posizioni più avanzate suggeriscono, avvalorare la pratica
dell’autocoltivazione. Ma allora cosa ostacola la sua legittimazione
terapeutica? - domanda Paolo - Forse il danno concorrenziale che questo
provocherebbe alle lobby delle case farmaceutiche?».
Certo è che le multinazionali, si apprestano quindi ad immettere sul
mercato farmaci civetta con scarsa efficacia e discreta tossicità, veri e
propri specchietti per le allodole, che vengono “spacciati”
nell’immaginario collettivo come il principio attivo della pianta, con la
quale l’unica cosa che hanno “in comune” è la copia sintetica di un
alcaloide, il Thc. Molti pazienti li provano per brevi periodi e poi
abbandonano la terapia credendo in buona fede che la cannabis non sia
utile nel loro caso. La cannabis invece è un fitocomplesso naturale con
più alcaloidi che si completano in sinergia. «Se cercassero davvero un
farmaco efficace potrebbero confezionare le infiorescenze come nel caso
del Bedrocan - conclude Paolo -. Il farmaco venduto da anni nelle farmacie
olandesi, o preparare biscotti ottenuti con la pianta».
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