Licei bloccati ed il 70% delle università
coinvolte nelle manifestazioni contro la legge sul contratto di primo
impiego
Francesco
Giorgini Parigi nostro servizio
«Colui che combatte può perdere.
Colui che non combatte ha già perso». La citazione, peraltro inesatta ma
poco importa, di Bertold Brecht sta scritta a lettere multicolori sul
banchetto, per le informazioni e la colazione, piazzato davanti
all’entrata principale nel grande campus dell’università a Parigi 7
Jeussieu. Un’entrata barricata da sedie e banchi da tre settimane, da
quando cioè questo enorme ateneo con più di 60mila iscritti è entrato nel
movimento. Le barricate le montano ogni mattina alle 6 su tutte le 21
entrate del campus in una cinquantina e le smontano ogni sera: «Non
vogliamo che l’amministrazione costringa gli addetti alle pulizie a
smontarle al posto nostro» mi spiegano due giovani studentesse in
psicologia. Sono le 9 e qui nel sagrato di fronte all’università occupata
ci sono un centinaio di studenti a discutere, a far colazione con baghette
e nutella, a leggere l’oroscopo per ridere sul destino del movimento. Ma
soprattutto ad attaccare e a preparare striscioni e cartelli come quello
che recita “Lavora - consuma e crepa, ne ho le scatole piene! ” o quello
più tradizionale: “Resistenza contro il Cpe”. Alle 11 un’assemblea in uno
degli anfiteatri dell’Università occupata e poi alle 13.30 partenza per
andare al corteo parigino che si riunisce a Place d’Italie alle 14. Tutti
contenti per il bel sole anche se fa un freddo cane.
Quello che ritrovano è un corteo senza capo né coda disperso come una
rasserenante e anarchica passeggiata. Unico punto di riferimento, a parte
i furgoni con i Sound System, il servizio d’ordine dei sindacati dei
“grandi”, dei lavoratori, prestato per cercare di proteggere e contenere
questo allegro “futoir”, questo allegro disordine. E’ un coro
indistinguibile di voce adolescenti tra grida, slogan, risate e ritmi hip
hop con gli slogan e gli striscioni sono fatti in casa. Poi dal fragore
canterino comincia a stagliarsi un ritornello forte e chiaro che invade
tutta la piazza e la grande Avenue dei Goblin piena di studenti:
“Resistance resistance” resistenza resistenza, scandiscono in massa
all’improvviso all’unisono. Sono così, questi studenti francesi, un po’
funamboli, molto disorganizzati, ma con alcune idee chiare e una gran
voglia di farle intendere. Gli slogan sono scadenzati un tanto al chilo
spesso goliardici a volte seriosi ma per tutti lo stesso limpido concetto:
il Cpe “contract precarité esclavage”, contratto precariato schiavitù,
come lo hanno ribattezzato qui, va ritirato. E non ci si ferma fino a che
il premier De-Villepin non farà marcia indietro.
Intanto però in fondo al boulevard Raspail sono gli studenti a dover
indietreggiare di fronte ad un cordone nutrito di celerini che blocca coi
camion e con le reti metalliche il percorso della manifestazione. Alle 17
cominciano i primi lanci di lacrimogeni. Attorno il quartiere presidiato
da 2500 poliziotti sono mobilizzate 25 compagnie di reparti antisommossa.
Il rischio di incidenti è alto e forse il governo ha pure da guadagnarci
per discreditare il movimento.
Centoventimila a Parigi, secondo le organizzazioni studentesche, che
già celebrano una grande giornata di mobilitazione, con, secondo le loro
stime, più di 500mila manifestanti in tutto il paese. Sparsi nelle decine
di cortei che da ieri mattina a ieri sera hanno riempito le piazze di più
di una cinquantina di città francesi. Da Tolosa a Rennes da Marsiglia a Le
Havre, da Bordeaux a Parigi, appunto, dove la prefettura parla di 30 a
50mila manifestanti. In un corteo lungo lungo e, come si diceva
disordinato come può esserlo una festa studentesca che somiglia ad un
carnevale, con l’ironia che si mescola agli slogan tradizionali lanciati
dagli studenti più sindacalizzati.
C’erano anche tanti liceali venuti in massa da tutta la regione
parigina. Spesso accompagnati dai loro insegnanti venuti per solidarietà,
ma anche per fare anche da tutori. E ce n’è stato bisogno quando, alla
fine del corteo parigino, la polizia ha deciso di sgomberare quel che
restava della manifestazione, circa 5mila studenti, a colpi di lacrimogeni
e manganelli.
Nel complesso comunque un corteo pacifico con pochissime vetrine
danneggiate e poca voglia di prendersi a schiaffi con i reparti
antisommossa. Eccezione ormai rituale l’appuntamento ieri sera alle 19
davanti alla Sorbona. Una sorta di “after hours” ormai semiquotidiano del
movimento degli studenti a Parigi. In tre o quattromila si sono ritrovati
ancora una volta per cercare di portare il blocco imposto dai celerini
all’antico e simbolico ateneo. La risposta non ha tardato e gli studenti
sono stati dispersi ancora una volta a passo di carica.
Tutti d’accordo comunque sul fatto che si tratti di un successo per la
contestazione che negli ultimi giorni non fa che allargarsi. Un successo
che lascia ben sperare per i grandi cortei di sabato quando in piazza
insieme agli studenti ci saranno anche i sindacati dei lavoratori, le
associazioni e tutta la gauche al gran completo. Ora si attende la
risposta “politica” del governo dopo aver apprezzato, tra bruciore agli
occhi e al naso, quella “poliziesca” in piazza.
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