Trapani, il movimento
antirazzista siciliano si è ritrovato per non
dimenticare i sei morti di sei anni fa nel rogo del cpt
La
Sicilia ce lo ha insegnato / emigrare non è reato».
Molto più che uno slogan,ma il riappropriarsi di una
memoria ancora vicina e tangibile, da urlare ieri nelle
vie di una Trapani gelida e piovosa. Gelida
come lo era 6 anni fa, quando dopo l’ennesimo tentativo
di fuga dal Cpt “Serraino Vulpitta”.Quel giorno accadde
il peggio. La rabbia, forse, o la frustrazione per
l’ultima occasione mancata, portò forse ad un gesto di
disperazione.
In una
delle celle venne dato fuoco ad un materasso, il
materiale altamente combustibile fece diventare la
stanza un rogo di fiamme e fumo. Gli agenti di polizia
erano impreparati, nessuno riuscì a trovare le chiavi
per aprire, nessuno forse volle assumersi la
responsabilità di altre fughe, gli estintori non
funzionarono. Un bilancio atroce: di Rabah,
Nashreddine e Jamal non restarono che i
corpi carbonizzati, Ramsi e Lofti resistettero alcuni
giorni, Nasim spirò dopo
sofferenze atroci il 10 marzo, una agonia infinita.
Allora governava il centro sinistra, il ministro
dell’Interno Bianco ebbe a dire che i Cpt non erano
galere ma non non dimenticare e per denunciare la
vergogna di vedere la propria isola ridotta a galera. Il
Cpt ha subito alcune modifiche che dovrebbero renderlo
più “sicuro”, nuove grate permettono ai reclusi di avere
due vie di ingresso e di uscita da ciascuna cella, non
ci sono più chiavi singole ma una unica in grado di
aprire ogni porta, il prefetto è stato sostituito. Ma
chi c’è stato recentemente non ha potuto far altro che
constatare l’impossibilità di rendere più umani simili
posti. Malgrado le pulizie di facciata dentro si respira
l’odore della galera, delle lenzuola monouso mai
cambiate, dell’umidità che entra nelle ossa, della
tensione palpabile che vivono e raccontano persone
imputate di pretendere una vita in Europa. Una galera
dove è saltata anche la fragile e ipocrita presenza dei
dipendenti della cooperativa che gestisce il centro e
che dovrebbero essere gli unici ad avervi libero
accesso. Polizia in un piano e carabinieri in un altro,
qualcuno col manganello bene in vista, sono loro i
padroni reali del “Vulpitta”. È quanto 15 giorni fa
hanno potuto vedere i parlamentari De
Zulueta e Russo Spena, è quanto nessuno
ha potuto vedere ieri. Alla richiesta dei manifestanti
di poter far accedere una delegazione, prefetto e
questore hanno opposto un netto rifiuto. L’intera
giornata a Trapani è stata caratterizzata da iniziative:
alla mattina una serie di forze fra cui il Prc di
Trapani e che avevano aderito ad un appello promosso dal
Coordinamento trapanese per la pace, hanno effettuato un
presidio davanti al centro, le stesse forze si sono
concentrate nel pomeriggio per una manifestazione che ha
attraversato il centro storico. Più numerosa la
partecipazione al corteo indetto dalla Rete
Antirazzista Siciliana, a cui hanno aderito i giovani
comunisti di gran parte dell’isola, almeno 800 persone
secondo gli organizzatori e che è passato davanti alla
lugubre palazzina che ospita il centro. Il segretario
regionale del Prc Rosario Rappa ha dato una valutazione
molto positiva della giornata di mobilitazione: «Sta per
aprirsi la stagione dei tavoli programmatici dell’Unione
che vuole portare Rita Borsellino a vincere le elezioni
in Sicilia. Uno di questi tavoli sarà per forza di cose
dedicato all’immigrazione e la chiusura dei centri è uno
dei punti nodali su cui vogliamo caratterizzarci. Un
elemento di convergenza con tutte le forze che sono
scese in piazza oggi. Come partito ci impegneremo con
maggior forza per far diventare centrali le battaglie
per i diritti dei migranti, ma riteniamo fondamentale il
rapporto con tutte le realtà di movimento che vorranno
essere con noi».
da Liberazione del
29/12/2005 di Stefano Galieni
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