I
retroscena del blitz secondo l'ispettore ministeriale Micalizio
CASO
G8 I retroscena del blitz secondo l'ispettore ministeriale
Micalizio, l'ultimo teste davanti ai Pm «Diaz, c'erano quattro
polizie» Nella sua deposizione conferma la mancanza di un
responsabile: «Ognuno agiva per sé» Biondi, legale dell'uomo
delle molotov: «Brucerò l'arrosto della tesi d'accusa della
Procura»
Genova. Nel blitz alla
scuola Diaz c'erano quattro polizie e ognuna andava per proprio
conto.
Il reparto mobile di Roma era come una molla caricata ed era
prevedibile che sarebbe finita male. Gli alti dirigente della
polizia non erano a Genova di passaggio, nei giorni del G8. Parole
pesanti, parole di fuoco. E' un interrogatorio teso, quello di
Pippo Micalizio davanti ai magistrati che indagano sull'irruzione
alla Diaz, sul raid delle polemiche. E' stato l'ultimo teste ad
essere ascoltato dalla Procura, prima dell'invio degli avvisi di
fine indagine dei giorni scorsi.
Chi è Micalizio? Cinquantotto anni, viene inviato dal capo di
polizia a Genova nei giorni immediatamente successivi al G8. Già
divampa la polemica e il super-ispettore ha tre giorni di tempo
per capire cos'è successo riferire all'allora ministro
dell'Interno Claudio Scajola e capo della polizia Gianni De
Gennaro.
Sulla scorta delle sue conclusioni scattano tre provvedimenti di
peso.
Vengono rimossi dai loro incarichi vicecapo vicario della polizia
Ansoino Andreassi, il numero uno dell'antiterrorismo Arnaldo
Barbera e il questore Francesco Colucci.
Passati due anni da quella relazione, Micalizio è stato ascoltato
in procura come testimone. Ma non ha cambiato idea. Ha confermato,
in certi momenti con maggior dettaglio di allora, le sue
conclusioni: incapacità gestionale, confusione, mancanza
responsabilità e di vertici nell'organizzazione del blitz alla
Diaz. Ha ribadito ai pm: «In sostanza era come si fossero state
quattro polizie diverse». E l'intervento dei vertici (Gratteri,
Luperi, Murgolo, lo scomparso Barbera, Andreassi) non era certo da
semplici curiosi: «La loro semplice presenza fisica sul posto
costituiva il necessario riferimento per gli operatori dei
rispettivi comparti, polizia giudiziaria e Digos». Insomma: i
colonnelli non potevano avere deciso autonomamente dai generali.
Spiega ancora Micalizio: nei giorni dell'indagine ministeriale fui
costretto a muovermi in un quadro di approssimazione. C'è
addirittura un nucleo di operatori del reparto mobile di Roma che
non compare nelle carte, «così come non compare negli atti poi
inviati alla magistratura ».
Ancora, Micalizio spiega: non potevo ignorare il fatto che gli
atti di polizia giudiziaria compilati quella sera non erano stati
in grado di sostenere le accuse contro gli arrestati.
Ma chi è la responsabilità di quel che accadde, quella notte,
alla scuola Diaz? Ancora oggi, non si sa. «Qualcuno dice il
responsabile di polizia giudiziaria più alto in grado della
questura di Genova, ma questo non risulta fondato su alcuna norma
o prassi». E così la notte della Diaz continua a rimanere, anche
in questa ricostruzione, orfana di un padre. O con troppi
genitori.
Biondi difende Troiani.
«L'accusa mossa dai pm genovesi al vicequestore Pietro Troiani è
una arrampicata di sesto grado, di cui taglierò la fune in
dibattimento ». E' il commento di Alfredo Biondi, difensore del
vicequestore romano, accusato di falso e calunnia nell'inchiesta
Diaz per la vicenda delle due molotov. Secondo l'accusa, infatti,
le bottiglie incendiarie sarebbero state usate come false prove
dalla polizia a carico dei 93 manifestanti arrestati.
Incidenti di strada -
Una cinquantina di nuovi avvisi di conclusione delle indagini
saranno inviati entro dicembre dalla procura a carico di
manifestanti già arrestati o indagati nell'ambito dell'inchiesta
sulle violenze di strada nei giorni del G8 a Genova.
Marco Menduni
Marcello Zinola
«Sbagliato usare il reparto mobile era come una molla sotto
carica»
«Ricordo che il Capo della Polizia mi ha conferito l'incarico di
un'indaginesull'operazione Diaz dandomi termine temporale per
riferire di tre giorni. Non ho richiesto ufficialmente al Questore
un elenco di personale impiegato, che oltretutto non c'era (...)
Prendo atto che nel personale da me considerato non compare, così
come non compare negli elenchi successivamente trasmessi
all'autorità giudiziaria, un nucleo di operatori appartenenti al
Reparto Mobile diverso da quello che costituisce il Nucleo
Sperimentale Antisommossa del dottor Canterini. A me nessuno ha
menzionato la presenza di personale di Reparto Mobile, non ne sono
venuto a conoscenza perché non v'era un funzionario responsabile
con cui ho potuto parlare (...)».
Nella mia relazione ho ampiamente criticato e messo in risalto la
mancanza di indicazione di un funzionario responsabile della
direzione della intera operazione. In sostanza il quadro che mi
veniva fornito era quello di quattro comparti che operavano
facendo ognuno riferimento alle proprie linee gerarchiche, come se
fossero state quattro polizie diverse (...)».
«Era (il reparto mobile di Canterini, ndr) come una molla
compressa e caricata che in un contesto difficile e delicato come
quello della scuola Diaz poteva prevedibilmente causare problemi
(...)».
«Preciso che alcuni funzionari, ma non tutti, mi hanno riferito
che qualcuno riteneva che il funzionario responsabile della intera
operazione si potesse identificare nel dottor Murgolo, per la sua
vicinanza al Vicario Andreassi(...)».
«Ho esplicitamente criticato l'eccessiva presenza di capi nel
teatro dell'operazione.
È evidente che i funzionari apicali dei servizi centrali, non
certo a Genova di passaggio e che io ho indicato come coloro che
avrebbero dovuto garantire il momento tecnico e professionale più
elevato, non possono aver rivestito il ruolo di meri osservatori
(...)»
Dal Secolo XIX del 21 sett 2003 |