Manifesto - 25 febbraio 1986
L'assassinio casuale
Un poliziotto
litiga con due automobilisti.
Spara e uccide un ragazzo che passava.
"Fatalita'
dannata": e' l'epitaffio che il capo della squadra mobile
milanese, Achille Serra, riserva alla morte del ventenne Luca
Rossi. Il giovane, militante di Dp, e' spirato alle 3.30 di ieri
all'ospedale Niguarda. Un proiettile Beretta 92S gli ha trapassato
il fegato, stomaco e milza. A sparare, un poliziotto in borghese
fuori servizio. Voleva fermare due "teppisti". Ha
fermato, per sempre, un ragazzo che stava correndo per prendere
l'autobus.
di Manuela Cartosio
e Bruno Perini
MILANO. "Non e'
il primo e non sara' neppure l'ultimo a morire cosi'" dice il
padre di Luca, Carlo Rossi, "succedera' finche' i poliziotti
useranno le armi per delle stupidaggini". Oppone una calma
apparente alla tragedia. La moglie Adele, invece, piange. I Rossi
stanno in via Varchi 1. Luca, con l'amico Dario Embi, e' uscito di
casa domenica alle 21.40.
Volevano finire la
serata da Sergio Tosini, come tante altre volte. Dovevano prendere
il filobus 91, all'incrocio tra piazza Lugano e via Bodio; si
mettono a correre perche' lo vedono arrivare. Intanto il filobus
90, che viaggia in senso contrario, copre parzialmente la visuale
ai due amici. Due colpi e Luca cade a terra. Li sentono, da casa,
anche i signori Rossi: non ci fanno caso. Li informa, dieci minuti
dopo, un vicino; si precipitano a Niguarda. Rivedranno il figlio
solo morto.
Cosa e' successo?
Questa la ricostruzione dei fatti fornita in questura. Un agente
(27 anni, da tre mesi in forza alla Digos) sta andando in auto a
comprare un gelato per la famiglia. Vede due giovani (eta'
apparente 25 anni) scendere da un 500 rossa e dirigersi verso una
Golf nera. Cercano di tirar fuori in malo modo l'uomo dalla guida.
L'agente interviene qualificandosi. La Golf si allontana; i due
prima lo insultano, poi lo picchiano, quindi risalgono sulla 500
con l'intenzione di mettere sotto il poliziotto. A questo punto
gli spari. Come dice il dottor Serra, uno dei proiettili "va
ad incocciare" contro un giovane che stava andando a prendere
l'autobus. Il proiettile estratto dal corpo di Luca e' ammaccato;
"forse perche' lo ha colpito di rimbalzo" dice il
dirigente della squadra mobile. La "ricostruzione" non
e' altro che il racconto dello sparatore, in stato di choc e con
una prognosi di 10 giorni per percosse.
Per la squadra
mobile non ci sono testimoni "utili", a 15 ore
dall'accaduto gli investigatori non avevano ancora rintracciato i
conducenti dei due filobus in transito. Delle due auto nessuna
traccia, neppure un brandello di targa. Ma annotare il numero di
targa non e' il primo riflesso condizionato di un poliziotto?
Evidentemente, viene prima il grilletto.
Luca Rossi era un
militante di Dp dall'80; faceva lavoro politico alla Bovisa e all'universita'
statale, era iscritto a filosofia. Era un ragazzo alto, magro e
biondo. Gli piaceva la musica; da venti giorni aveva trovato una
supplenza, il primo lavoro della sua vita.
Comunicati di
protesta e di denuncia sono venuti dalla Fgci e dal Coordinamento
degli studenti medi milanesi. A Roma una delegazione di
parlamentari demoproletari si e' recata ieri pomeriggio dal
ministro degli interni.
A Milano, Dp ha
organizzato un sit-in silenzioso di fronte alla questura. Per
questa mattina chiama allo sciopero gli studenti milanese, con
concentramento in piazza Santo Stefano. Presente Dario Embi, ieri
pomeriggio Dp ha tenuto una conferenza stampa. "Ci sentiamo
emotivamente coinvolti - ha detto Guido Pollice - sottolineando
che si stia minimizzando l'accaduto. La questura parla di
incidente. Noi consideriamo gravi proprio questo tipo di
incidenti, mettiamo sotto accusa un clima fatto di perquisizioni e
armi spianate. Sono episodi che avvengono troppo di frequente a
Milano.
Ieri Luca e' stato
ricordato dalla redazione di Aula Magna, la trasmissione
autogestita dagli studenti in onda al pomeriggio a Radio Popolare.
Da quel microfono era uscita parecchie volte la voce di Luca
il Manifesto - 26 febbraio 1986
"Contro la morte assurda"
Scuole deserte,
studenti in sciopero per Luca Rossi, ucciso per sbaglio da un
poliziotto. 10 mila in corteo.
Gli studenti medi
milanesi hanno aderito in massa allo sciopero di protesta indetto
da Democrazia ProIetaria per l'uccisione "accidentale"
del ventenne Luca Rossi. In 10.000 hanno attraversato le vie del
centro di Milano, da piazza Santo Stefano (luogo "sacro"
del '68) a piazza della Scala. Momenti di tensione in corso
Monforte, di fronte alla Prefettura. Gli autonomi hanno cercato di
"dirottare" il corteo alla Questura. Alla fine, ci sono
andati da soli.
di Manuela Cartosio
MILAN0. Sui fianchi
del pulmino che da' l'andatura al corteo, c'e' la faccia di Luca.
Lineamenti decisi, kefiah al collo. Sotto il suo mezzo sorriso,
delle scritte: "Una vita spezzata, perche'?";
"Anche questa e' metropoli, invece di lavoro la morte";
"Lo stile di vita milanese... dopo tante promesse questa e'
la realtà". Il primo striscione e' colorato e anonimo:
"Cosi viene ucciso un giovane di 20 anni a Milano, addio
Luca". Poi quello della sezione Bovisa-Dergano di Dp, dove
Luca militava. La prima insegna di scuola spetta all'Itsos di
Bollate, dove Luca aveva studiato, "da giovane" vien da
dire. Mamma e sorella di Luca si fanno tutta la manifestazione.
dal primo passo all'ultimo. Anche Dario, il ragazzo che domenica
sera correva con Luca per acchiappare un autobus in arrivo. Un
poliziotto in borghese, intervenuto per sedare una lite stradale,
ha colpito Luca per sbaglio. A due giorni dal fatto, la versione
dello sparatore resta l 'unica ufficialmente a disposizione. Non e'
una ipotesi maliziosa pensare che alla squadra mobile trovare i
"litiganti" non stia particolarmente a cuore. Dario
cammina da solo, fuori dal cordoni; interrogarlo significa
specchiarsi nelle sue lacrime. Chissa' quante volte, in questi due
giorni, si deve essere chiesto: "Perche' Luca e non
io?". Regge una lunga bandiera di Dp: sopra ci ha legato una
sciarpa nera. Calza anfibi da manifestazione molto sofferti;
sicuramente Luca ne aveva un paio identici.
Due le anime del
corteo. La prima parte, dove e' concentrata Dp, tace a lungo,
grida per dire che "le nostre idee non moriranno mai",
accenna in sordina l'internazionale. La seconda, separata da un
cordone del servizio d'ordine di Dp, si apre con uno striscione
degli autonomi: "Disoccupazione, galera, lutto: pagherete
caro, pagherete tutto"". Qui gli slogan sono più duri,
vecchio stile. Sorprende sentirli gridare dai manifestanti con il
look più moderno.
I ragazzi dell'85,
sparpagliati un po' a caso lungo il corteo, si riconoscono dallo
slogan: "Cittadino cerca di capire come a 20 anni sia facile
morire".
In fondo come
tradizione vuole, la Lega comunista rivoluzionaria e gli anarchici
del ponte della Ghisolfa Quelli della Quarta Internazionale
avevano la sede proprio nel cortile dl Luca; lo ricordano bambino,
precipitarsi nella loro sede dopo la strage di Brescia.
Di fronte alla
Prefettura un cordone di poliziotti in borghese e un altro di Dp.
Lancio di monetine; si rompe una finestra e il vetro, cadendo,
ferisce al viso una ragazza. Mani in forma di P38 e piu' irridenti
dita medie puntate verso l'alto. Gorla, Molinari e Torri salgono a
parlare con il Prefetto Vicari.
Parole commosse,
distanti dal comizio ma anche dall'orazione funebre, chiudono la
manifestazione sotto Palazzo Marino. Parla Gigi, compagno di Luca
all'universita'; il segretario milanese della Loc ricorda che due
settimane fa Luca aveva ricevuto risposta positiva alla domanda di
obiezione di coscienza. Sandro Barzaghi, segretario provinciale di
Dp ed ex insegnante di Luca, dice che "deve essere fermata la
cultura di morte che dalla legge Reale arriva all'emergenza;
bisogna smilitarizzare la polizia e cambiare i modelli di
comportamento improntati alla violenza". Nico Colonna, della
sezione Bovisa di Dp vuole che ""il ricordo di una
persona stupenda non diventi una foto ingiallita".
Il Manifesto - 2/3 marzo 1986
"Ciao Luca". Triste addio al ragazzo
ucciso
Luca Rossi ha
avuto un funerale a piu' facce, tante per essere l'addio ad un
ragazzo di venti anni. E' il segno di una complessita' di
esperienze, forse il ricordo piu' bello che lascia dietro di se'.
Il funerale si e' svolto alla Bovisa, a poche centinaia di metri
dalla fermata dei filobus dove, domenica scorsa, Luca era stato
colpito da un proiettile sparato da un poliziotto in borghese,
coinvolto in una lite stradale.
di Manuela Cartosio
MILANO. E' stata una
cerimonia religiosa, politica, giovanile, musicale, poetica, non
violenta. Il feretro e' arrivato dall'Istituto di medicina legale,
puntuale alle 14.45, davanti alla parrocchia di santa Maria del
Buon Consiglio. All'ingresso gli amici di Luca distribuivano
mazzetti di violette, garofani e iris. Quando il feretro e'
entrato sotto le volte neogotiche, un coro di giovani ha intonato
"Blowing in the Wind". Il parroco, don Bruno Baraggia,
prima di officinare il rito funebre, ha detto "Preghiamo per
i familiari di Luca e per chi e' stato causa involontaria di
questa morte e soffre con noi di questo lutto".
Su un opuscolo,
intitolato "Funzione eucaristica per Luca", erano
stampati testi di canzoni, preghiere, passi dal Vangelo e dalla
Bibbia. Passi scelti dai familiari di Luca, in particolare dalla
madre Adele, presidente delle Acli di zona. Dal libro della
Sapienza: "L'uomo onesto, anche se muore giovane ha una sorte
felice. La saggezza vale di piu' dei capelli bianchi e una vlta
onesta piu' di una lunga esistenza". Le omelie sono state
fatte da due sacerdoti che avevano conosciuto e lavorato con Luca
nella comunita' di quartiere. "Troviamo un senso a quanto e'
successo nella parola, seguiamo l'esempio della famiglia di Luca,
ha detto don Marcellino Brivio. "Difendiamo Luca, la sua
storia, proseguiamo nel suo cammino di non violenza" ha
aggiunto don Virginio Colmegna, della Pastorale del lavoro. Anche
la signora Adele e' salita sul pulpito "Nel Signore c'e' la
risposta, ne abbiamo fatto l'esperienza". Poi, mentre i
ragazzi cantavano "Grazie alla vita" ha accarezzato a
lungo il legno chiaro della bara.
E' avvenuto, in
piazza Schiavone, il momento laico della cerimonia. Su un terrazzo
lo striscione rosso dell'Itsos di Bollate, I'ex scuola del
ragazzo, con sopra scritto "Luca". Bandiere della
stazione Bovisa di Dp e del centro sociale Lario. Su un lato della
piazza, un palchetto pieno di fiori. Qui e' stato collocata la
bara, con sopra quella "palestinese" di Luca. Gli amici
avevano preparato una cassetta con le sue musiche preferite quella
degli U2, Cure, Killiny Joke, e della Joy Division. Su questo
sottofondo Silvano Piccardi ha letto poesie, Nina ha parlato a
nome delle madri del quartiere, il segretario della Loc ha parlato
di Luca obiettore di coscienza. Fablo Treves ha esegulto il blues
piu' amato da Luca: "Quando il Signore ti chiama, devi
muoverti".
Roberta, del Centro
sociale Lario, ha parlato di Luca "vulcano di idee, il primo
ad arrivare, I'ultimo ad andare via". Un'amica ha letto una
poesia mandatale da Luca: "Il mare piu' bello e' quello che
dobbiamo ancora attraversare, i figli piu' belli sono quelli che
non abbiamo ancora fatto". Nico Colonna, della sezione di Dp,
ha ricordato "il grande altruismo di Luca, sorprendente un un
giovane cresciuto nell'eta' del piombo... Non potrai piu' tornare
in Irlanda, non potrai andare in Nicaragua, non ti correggero'
piu' le tesine sul '68, non ti vestirai piu' da punk per poi
venire a chiedermi giacca e cravatta per fare il nostro
rappresentante di lista".
Amari i punk della
fanzine Amen, alla quale Luca collaborava: "Da domani
riprenderemo a leggere i giornali, a bere the, a salire
sull'autobus; tra un anno ci sara' la commemorazione, qualche
centro sociale intitolato a Luca Rossi e, forse, ci sara' un altro
ragazzo eliminato". Di nuovo, la signora Adele ha voluto
ringraziare i presenti: "Luca era splendido e altrettanto lo
siete voi".
Occhi rossi,
lacrime, soprattutto tra i coetanei. Teste ricciute coperte di
neve affondate nella spalla del vicino. Alla fine il gruppo
collettivo si scioglie in una liberatoria Internazionale. Pugni
alzati; parte l'unico slogan di tutto il pomeriggio (la famiglia
aveva invitato al silenzio e alla gioia): "Luca e' vivo e
lotta insieme a noi, Ie nostre idee non moriranno mai".
Applausi al passaggio del feretro che si dirige verso il cimitero
di Bruzzano.
Umberto Gay
- Radio Popolare
"Buon giorno
ai nostri ascoltatori, le 7 e 2 minuti, le notizie in breve di
Radio Popolare. Abbiamo appreso poco fa che un ragazzo e' stato
ucciso questa notte da un poliziotto in borghese. Si chiamava Luca
Rossi, aveva vent'anni ed era militante di DP. Le notizie sono ora
confuse, vi daremo maggiori particolari nei prossimi
notiziari".
E' toccato a me e
ancora oggi, a mesi di distanza, ricordo minuto per minuto
l'accavallarsi dei fatti, delle notizie, delle ricostruzioni di
quel lunedi mattina 24 febbraio. Pochi istanti prima di entrare in
studio aveva chiamato Sergio, un amico di Luca. Avevo tentato di
farmi richiamare dopo le notizie: ma lui, di solito cosl
conciliante, aveva usato un tono duro nel dirmi "e' successo
un fatto grave, hanno ucciso un compagno". Subito dopo il
notiziario in breve aveva chiamato Vittorio: altri particolari, il
numero di telefono di casa Rossi, dove c'era Dario che era insieme
a Luca al momento della sparatoria.
Intanto c'era il
Giornale radio da preparare. Ero agitato, scosso: ma in grado di
continuare a lavorare. Non sapevo ancora di conoscere Luca. Lo
avevo visto solo due giorni prima, mi aveva salutato con il suo
sorriso un po' speciale.
Chiamo Dario, mi
descrive quello che e' accaduto come se stesse raccontando un
film; singhiozza, quando ricorda le ultime parole di Luca:
"aiutami Dario, aiutami". Poi al telefono Adele, la
mamma di Luca, fra le lacrime: "me l'hanno ucciso, hanno
ucciso Luca. E stata la polizia... cara Radio Popolare". Cara
Radio Popolare, perche' era quella di Luca, dov'era venuto tante
volte, e a quel punto la voglia di piangere non era piu' solo da
un capo del filo. Poco dopo arriva Vittorio. Al registratore parla
piu' veloce del solito, lucidissimo nonostante la notte passata al
capezzale di Luca. Riesce a comporre un perfetto quadro clinico
che spiega cos'e' successo, di come e' morto Luca. Lo conosco da
anni, Vittorio, quella mattina ho capito che sara' un buon medico.
Alle 8.30 gli
ascoltatori di Radio Popolare sanno gia' tutto: chi era il ragazzo
ucciso, come e' potuto capitare, il dolore degli amici e dei
familiari, la tragica inutilita' di quel proiettile. Subito le
telefonate, tante, a decine: per chiedere altri particolari, per
sapere se c'e' in programma una manifestazione, delle assemblee.
La conferenza stampa in Questura fornisce solo la versione del
poliziotto omicida (anonima, naturalmente. Vuoi mai che qualcuno
gli possa fare qualche brutto scherzo...).
Le manifestazioni
dei giorni seguenti, le trasmissioni serali a RP con Daniela, la
sorella di Luca, gli amici, le conferenze stampa di denuncia di
DP.
Una settimana
terribile, un'emotivita' fortissima per tutta la citta', il viso
di Luca che guardava da mille muri, una settimana che si conclude
con i funerali. Tanta gente, tanti fiori, tante lacrime. C'era
anche tanta neve, ma solo in pochi sapevano che Luca sarebbe stato
felicissimo di tutta quella roba bianca che scendeva dal cielo.
I quotidiani, i
media in genere, parlano tanto di Luca Rossi. Anche i fogli meno
sensibili e lontani dai problemi di Milano e dei giovani milanesi
riescono solo in parte a manovrare l'episodio. La risposta degli
studenti, la figura di Luca, le modalita' dell'accaduto, le palesi
responsabilita' del poliziotto vengono riportate con discreta
correttezza. Certo: a molti giornalisti non par vero di potersi un
po' sfogare quando un vetro della Prefettura viene rotto durante
un corteo, ferendo una ragazza; cosi come in Questura i
giornalisti della sala stampa, non tutti comunque, lavorano alla
ricerca di una possibile giustificazione al gesto dell'agente
della Digos che aveva sparato. Di Luca, si e' parlato tanto, anche
abbastanza bene.
Faceva notizia per
tanti motovi. "Luca deve essere l'ultimo" aveva detto la
mamma ai funerali. Non e' stato cosi', ed era prevedibile. Quasi
un mese dopo e' stato ucciso dalla polizia Agrippino Parolisi,
ladruncolo perche' tossicodipendente, e i giornali ne hanno
scritto per un paio di giorni. Due mesi dopo un ragazzo arrestato
nei pressi di Linate e' vo!ato giu' dall'auto in corsa della
polizia lungo il viale Forlanini sfracellandosi le gambe: sui
giornali la notizia non viene riportata.
Ogni giorno a
Milano, ma nell'hinterland e in provincia e' ancora peggio, i
giovani fanno le spese di una politica di ordine pubblico tesa
unicamente a salvaguardare la superficie, a proteggere il
grande/luminoso/ricco centro della metropoli da chi e' giudicato
diverso, da chi non e' controllabile, da chi puo infastidire il
cittadino che scrive ai giornali o alle autorita' per lamentarsi
del chiasso, del tossicomane che scippa per sopravvivere, delle
puttane e dei sex-shop. Stampa e autorita', lavorano di concerto e
si condizionano a vicenda creando nuovi mostri, continui pericoli
sociali ed emergenze.
Cosi' di volta in
volta, "wanted" diventa il punk con la cresta colorata e
vestito di nero, il tossicodipendente che anche l'ultimo
poliziotto sa che ruba per estremo bisogno, il gruppo di
"randa" adolescenti del quartiere dormitorio che in
mancanza d'altro sfascia la cabina della SIP. Un elenco che
potrebbe durare a lungo con un comune denominatore: i figli stessi
della metropoli, certo i meno protetti e garantiti, criminalizzati
e "usati" per mantenere ad un determinato livello il
clima di tensione nella citta'. Accade cosi che persino un
quotidiano come La Repubblica nelle sue pagine milanesi abbracci
la logica dell'allarme spesso, fra l'altro, scadendo in ovvieta'
come .quella volta in cui scopri' che l'ambiente della Stazione
Centrale era particolarmente ostico.
D'altronde i
giornali devono vendere e cosi' lanciarsi sui titoli scandalistici
e grandguignoleschi oppure sulle inchieste fatte sempre e solo con
l'occhio di chi le spalle ce l'ha ben coperte, diventa
obbligatorio e complice.
Centro e' proprio
complicita'. Complicita' con le forze dell'ordine che storicamente
hanno ruolo di repressione e solo raramente di prevenzione. La
soluzione dei problemi, le riforme, le attivita' preventive
spettano ad altri, non certo al celerino di leva o all'agente
della Volante indurito da anni e anni di turni faticosi e
rischiosi.
Detto questo, pero,
c'e' modo e modo di amministrare l'ordine pubblico. Ogni giorno a
Milano e nell'hinterland si ripetono fatti sconcertanti che, al di
la' dei sorrisi e delle promesse, mostrano il volto di una polizia
(ma i cc non sono problema da poco dato che il loro operato e'
ancora meno verificabile) che sta acquisendo sempre piu' una
mentalita' da grande metropoli made in USA: si fa quel che si puo
sul grande crimine e ci si muove al limite della stessa legge per
quanto riguarda la piccola delinquenza e i piccoli reati. Cosi'
puo succedere di essere fermati davanti ad un bar, oppure per una
piccola infrazione di guida, malmenati e ingiuriati e solo alla
fine gli aggressori si qualificano. Oppure si spara anche quando
e' chiaro che chi sta fuggendo e' un piccolo pesciolino.
E' una cultura
generale che si diffonde sempre piu' soprattutto sulle giovani
leve. Persino i vigili urbani non ne sono immuni. La figura del
vecchio ghisa tende a scomparire per far posto a comportamenti
autoritari, violenti, poco inclini al rapporto con il cittadino,
coperti e obbligati a muoversi in certo modo dalla qualifica di
pubblico ufficiale.
Intanto a Milano
ogni giorno entrano, escono, vengono consumati decine di chili di
droga pesante; le bische, quelle all'aperto e quelle al chiuso,
funzionano quotidianamente; i racket taglieggiano e le banche
custodiscono forzieri zeppi di capitali mafiosi. Qui e' stridente
la contraddizione. Per i giovani, invece, c'e' sempre la
possibilita' di organizzare una bella retata o qualche posto di
blocco che li dissuada dall'idea del gironzolare piu' del
necessario. Poi, ogni tanto, ci scappa il morto. Sono cose che
possono accadere. L'hanno anche detto, in fondo: "la morte di
Luca Rossi e' stata una tragica fatalita'".
PROCESSIAMO
L'ORDINE PUBBLICO
Venerdi' 7 aprile
si e' concluso il processo contro l'agente della Digos, Pellegrino
Policino, imputato di omicidio volontario per l'uccisione di Luca
Rossi. Il processo si e' sviluppato seguendo i percorsi della
farsa come era del resto prevedibile, non per preveggenza ma per
la consuetudine che stabilisce che i tutori dell'ordine
appartengono ad una casta di intoccabili. Il meccanismo della
GIUSTIZIA e' stato uguale e perfetto come sempre!!
Pellegrino Policino
e' stato condannato per omicidio colposo, accidentale, ad 8 mesi
di reclusione con la sospensione della pena per 5 anni, senza
menzione sulla fedina penale. Questo significa che se
l"'esuberante" agente Policino sara' sufficientemente
attento a non commettere reati nel corso dei prossimi cinque anni,
la condanna sara' annullata ed egli potra' cosi dimenticare questa
"brutta avventura .
Nella sostanza
quello che doveva essere un processo per omicidio volontario e'
stato trasformato in un processo per resistenza a pubblico
ufficiale, che ha visto come effettivi imputati i due ragazzi
della 500 che erano stati, insieme all'agente della Digos, i
protagonisti della rissa che aveva dato origine a questo ennesimo
caso di uso illegittimo delle armi da fuoco. E questa
modificazione di fatti e ruoli e' stabilita dalla pena inflitta ad
uno dei due ragazzi che per il reato di resistenza a pubblico
ufficiale, si e' visto condannare a 10 mesi di reclusione.
UN PUGNO E' BEN
PIU' GRAVE DI UN ASSASSINIO!!!
Un processo farsa
che ha avuto un copione preciso e ruoli prestabiliti:
- Roberto
Pistone, un ragazzo della 500 - "delinquente
abituale, infanzia difficile, diversi precedenti con la
giustizia, non ha neanche fatto il militare perche'
tossicomane". Il solo fatto che uno come lui esista e'
un'aggravante.
- Lucio Belotti,
un ragazzo della 500 - "un ragazzo scialbo, incolore, e
pure mentitore".
- Pellegrino
Policino, lo sparatore - "un poveraccio venuto dal
Sud, un poliziotto saggio che usa la pistola solo quando
menare le mani non basta piu'".
In ogni caso un difensore dell'ordine pubblico che in questo
casino si e' trovato solo perche' ha svolto il suo dovere.
- Luca Rossi,
la vittima casuale. Una morte casuale come altre 210.
Per la regia di: Corrado
Carnevali (Pubblico Ministero), Salvatore Catalano e Sergio
Ramajoli (avvocati difensori), Antonino Cusumano
(giudice), nelle vesti di Vassalli della giustizia.
Si avverte che ogni
riferimento a testimonianze e perizie e' puramente casuale.
... E cosi e'
stato. Scontate le frasi di rito e di circostanza quando tutto era
gia' stato anticipatamente deciso. E come ha sottolineato Corrado
Carnevali, "che nessuno pensi di trasformare questo in un
processo alla Legge Reale, perche' queste cose si discutono in
parlamento e non nelle aule dei tribunali, e soprattutto non si
deve strumentalizzare in quel senso un processo in cui tutto,
casualita' e sorte beffarda, sono cosi' logiche". Con questa
precisazione e con la richiesta avanzata dall'avvocato difensore
dell'agente Policino, di assoluzione per uso legittimo delle armi,
risulta estremamente chiaro che la Legge Reale e' una legge dello
Stato che deve continuare ad esistere per garantire la liberta' di
uccidere alle forze di polizia.
... E cosi e'
Stato.
La Legge Reale non
va piu' interpretata come una legge d"'emergenza", come
una legge provvisoria. E' una legge dello Stato indispensabile, il
suo uso ed abuso quotidiano colpisce ed elimina volontariamente le
esistenze concrete del disagio e della sofferenza:
tossicodipendenti, ladruncoli, emarginati e stranieri poveri.
"... E tutto DEVE andare per il meglio nel migliore dei mondi
possibili...".
NO!!
ALLA PROCURA
GENERALE
presso la Corte d'Appello di Milano
Venerdi' 7 aprile
si è concluso il processo contro l'agente della Digos, Pellegrino
Policino, imputato di omicidio volontario per l'uccisione di Luca
Rossi.
Il processo si è sviluppato seguendo i percorsi della farsa come
era del resto prevedibile, non per preveggenza ma per la
consuetudine che stabilisce che i tutori dell'ordine appartengono
a una casta di intoccabili.
Il meccanismo della GIUSTIZIA è stato uguale e perfetto come
sempre!!
Pellegrino Policino
è stato condannato per omicidio colposo,accidentale, ad 8 mesi di
reclusione con la sospensione della pena per 5 anni, senza
menzione sulla fedina penale.
Questo significa che se "l'esuberante" agente Policino
sarà sufficientemente attento a non commettere reati nel corso
dei prossimi cinque anni, la condanna sarà annullata ed egli potrà
così dimenticare questa "brutta avventura".
Nella sostanza
quello che doveva essere un processo per omicidio volontario è
stato trasformato in un processo per resistenza a pubblico
ufficiale, che ha visto come effettivi imputati i due ragazzi
della 500 che erano stati, insieme all'agente della Digos
protagonisti della rissa che aveva dato origine a questo ennesimo
caso di uso illegittimo delle armi da fuoco.
E questa modificazione di fatti e ruoli è stabilita dalla pena
inflitta ad uno dei due ragazzi che per il reato di resistenza a
pubblico ufficiale, si è visto condannare a 10 mesi di
reclusione.
Per questa
giustizia un pugno è ben più grave di un assassinio se il pugno
viene dato ad un poliziotto e se il poliziotto è l'assassino.
La Procura generale
ha non solo il potere, ma il dovere di rimettere in discussione
questa sentenza che avvalla l'omicidio. Non facendolo si assume la
grave responsabilità di legittimare anche per il futuro omicidi
di stato come quello di Luca e delle altre 210 vittime della Legge
Reale.
Centro di
iniziativa Luca Rossi
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