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CARLO GIULIANI:
LA RIMOZIONE DI UN
OMICIDIO
Parte seconda
di Francesco Barilli per
Ecomancina
Mi sono accorto che
quando ho scritto "la
rimozione di un omicidio" ( http://www.ecomancina.com/rimozioneomicidio.htm)
non ho spiegato con sufficiente forza e chiarezza una delle
questioni fondamentali da affrontare nel "caso
Giuliani". Precisamente si tratta della distanza di Carlo dal
defender dei carabinieri; un fatto che ho affrontato in modo un
po’ arzigogolato nel primo articolo, nel tentativo di confutare
quanto sostenuto in merito dalla Dr.sa Daloiso nell’ormai nota
ordinanza-archiviazione del 5 maggio scorso.
Mi sono accorto, dicevo,
di aver confutato la "teoria Daloiso" (o, per meglio
dire, la teoria dei periti, fatta propria dal GIP) senza aver
utilizzato elementi molto più semplici ed immediati, che
avrebbero di certo aperto gli occhi a molti su quanto sia
infondata anche in questo campo l’archiviazione, se solo questi
elementi fossero stati pubblicizzati come meritavano e non, come
è successo, semplicemente occultati dai media…
Non voglio stressare i
lettori rinnovando i contenuti del precedente lungo articolo, ma
mi sembra comunque doveroso un breve sunto del solo aspetto
specifico che ho deciso di affrontare in questa sede: eccovelo.
Tralasciando i passaggi
intermedi, possiamo dire brutalmente che il lungo lavoro dei
periti nel caso Giuliani ha portato ad una teoria che, con qualche
approssimazione dovuta ad esigenze di sintesi, possiamo così
riassumere: Carlo Giuliani è stato ucciso da un proiettile che,
esploso in direzione originariamente inclinata verso l’alto, ha
impattato un corpo estraneo (una pietra o un calcinaccio) che ne
ha deviato la traiettoria. Questa teoria dal punto di vista delle
geometrie spaziali (ossia: indipendentemente da quanto se ne può
pensare in termini di pura logica, ed indipendentemente dal fatto
che la deviazione è stata già sconfessata in un articolo di Gin
di Pillola Rossa: regge solo se ipotizziamo che Carlo al momento in cui viene
raggiunto dal colpo sparato fosse a 1,75 metri dal retro della
jeep.
Fine del riassunto…
Come ho già riportato
nel "vecchio" articolo, è assodato (e con questo
intendo che è accettato anche dai periti che hanno confezionato
la teoria che ha portato all’archiviazione) che Carlo, nel
momento in cui raccoglie l’estintore, è a circa 3,30 metri
dalla canna della pistola del militare che apre il fuoco. Questa
distanza ci viene confermata dalla ormai famosa (anche se non
famosa quanto meriterebbe…) foto laterale di Marco D’Auria
(riportata nel precedente articolo). I periti del PM ipotizzano
che Carlo, fra l’istante "fissato" dalla foto-D’Auria
e l’istante dello sparo, abbia dimezzato la propria distanza
dalla jeep, probabilmente con un balzo felino che ai più vecchi
(o ai più informati) dovrebbe ricordare quello che fu attribuito
al povero Giuseppe Pinelli.
(Mi auguro di non dover
ricordare a nessuno chi fosse Pinelli, ma di dover rammentare solo
che i funzionari di polizia presenti al suo
"interrogatorio", nella notte fra il 15 e il 16 dicembre
1969, dissero che l’anarchico si era suicidato proiettandosi
fuori dal quarto piano della questura "con un balzo
felino". Sic et simpliciter… La storia si ripete, e certi
morti "scomodi" per le istituzioni dimostrano, poco
prima della loro scomparsa, insospettabili doti atletiche… Per
chi volesse rinfrescarsi la memoria sul caso Pinelli: http://www.ecomancina.com/documenti/ilcasopinelli1.htm)
Ora vedrò di tralasciare
le argomentazioni con cui ho già confutato (in un modo più
"scientifico", ma di certo anche più ingarbugliato, di
quanto farò ora), la teoria dell’avvicinamento di Carlo alla
jeep: forse è vero che tutte le strade portano a Roma, ma vediamo
stavolta di prendere la più breve e semplice.
Innanzitutto una
considerazione: ogni volta che sui "media" più
accreditati si parla di Carlo Giuliani, a livello fotografico
l’unica immagine mostrata è quella della Reuters (con Carlo di
spalle) che è fuorviante circa le distanze; a livello di video
viene mostrato il filmato che ripropone lateralmente la camionetta
e che vede Carlo escluso dal campo di ripresa fino a quando, già
colpito, rotola in avanti verso la ruota posteriore sinistra del
defender; anche questo video, quindi, non attesta granchè a
livello di distanze fra la vittima e la vettura dei CC.
In realtà un video che
MOSTRA CARLO AL MOMENTO DELLO SPARO esiste!… Ma credo che ben
pochi abbiano potuto esaminarlo. Personalmente l’ho visto per la
prima volta grazie alla videocassetta realizzata da Indymedia
e Pillola Rossa, "Niente da Archiviare"
(potete anche scaricarlo via internet da questo indirizzo: http://www.ngvision.org/mediabase/166),
e mi risulta che questo filmato non sia MAI stato mostrato al
grande pubblico dai media accreditati, RAI o Mediaset che siano.
Si tratta di un filmato
girato dalla polizia, con telecamera posta sul tetto di un loro
mezzo appostato in fondo a Via Caffa (quasi in Piazza Tommaseo),
che riprende la scena con angolazione pressochè frontale
(rispetto all’anteriore della jeep siamo leggermente a sinistra
e con inclinazione dall’alto), e mostra dunque "di
faccia" Carlo nel momento in cui viene colpito.
Dopo aver visto il
filmato la mia ipotesi è questa: non è mai stato mostrato per
gli stessi motivi per cui negli USA fu segretato per anni il
famoso video (opera di Abraham Zapruder) che riprese l’omicidio
di John F. Kennedy da un’angolazione che metteva in crisi la
versione ufficiale (tanto per la cronaca: il filmato di Zapruder
mostrava come altamente probabile l’ipotesi che JFK fosse stato
colpito da due o più tiratori posti su traiettorie di tiro
differenti, smentendo così la versione ufficiale che voleva UN
SINGOLO assassino, appostato in alto e alle spalle dell’auto del
Presidente USA).
Anche nel caso Giuliani
ci troviamo di fronte ad un filmato scomodo, perché da solo
sconfessa almeno 3 punti dell’ordinanza-archiviazione, e
scardina pure un elemento FONDAMENTALE nella ricostruzione "mediatica"
dell’evento. Il filmato da solo non può aiutare, visto il punto
di ripresa ed il forte effetto zoom, a verificare le distanze, ma
ci mostra chiaramente le ultime azioni di Carlo che (RESTANDO
PRATICAMENTE FERMO SUL POSTO) raccoglie da terra l’estintore
(con posizione accovacciata e frontale rispetto al lunotto
posteriore del defender), si alza (con movimento verticale e SENZA
fare passi in avanti), carica l’estintore portandolo in alto
dietro la testa e poco dopo viene colpito, si accascia a terra e
rotola in avanti (trascinato dall’inerzia del suo ultimo
movimento e, forse, dal peso dell’estintore). In tutta questa
sequenza, ripeto, Carlo al massimo compie un leggero movimento
"a pendolo" col busto, ma le gambe restano pressochè
fisse nella posizione fotografata da Marco D’Auria, ossia a più
di tre metri dal defender.
Ecco i tre punti dell’archiviazione-Daloiso
che, in conseguenza logica e con effetto domino, vengono smontati
da questa sequenza:
- La distanza di Carlo dal defender nel
momento in cui viene colpito NON PUO’ ESSERE di 1,75 metri.
- Venendo a cadere l’ipotizzata
distanza di 1,75 viene a cadere anche l’unico elemento che
teneva in piedi la già traballante ipotesi-deviazione (già
sconfessata ben più scientificamente dal già citato e
linkato articolo di Gin).
- Conseguentemente, mi sembra pure
assodato che il colpo viene sparato ad altezza d’uomo con
ferma intenzione di uccidere. In questo caso i dubbi sugli
effetti anomali del proiettile (vedi il precedente articolo
"la rimozione di un omicidio") diventerebbero ancora
più importanti, e potrebbero essere spiegati approfondendo
un’ipotesi che, pur essendo fra le prime emerse nella
"controinchiesta", è stata fra quelle meno
valorizzate: il proiettile forse non era un 9mm parabellum, ma
uno di tipo "speciale", non normalmente in dotazione
alle forze dell’ordine (al proposito vedi:
http://www.piazzacarlogiuliani.org/pillolarossa/plasticbullet/)
Ma prima ho pure
accennato ad un fatto "mediatico" che viene sconfessato
da questo video (o, per meglio dire, dalle conclusioni circa la
reale distanza di Carlo dalla jeep): è infatti tristemente noto
che la divulgazione dei fatti di Piazza Alimonda è stata fin
dall’inizio indirizzata verso una ricostruzione non solo "processualmente
falsa", ma pure palesemente deviata e parziale dal punto di
vista delle suggestioni da inculcare nell’opinione pubblica. Io
stesso quando ho affrontato la questione, anche con persone
"di sinistra", ho faticato a volte a smontare "la
verità" che gli era stata propinata dai media: quella di una
tragedia consumata in un triste duello tra ventenni, uno dei quali
brandiva un estintore con intenti chiaramente offensivi. Le
deduzioni circa l’immutata distanza di Carlo dalla jeep mi
sembrano dimostrare una verità ben diversa.
Carlo era indignato per
quello che sapeva essere successo in quel maledetto venerdì:
aveva vissuto le cariche ripetute ed ingiustificate contro un
corteo autorizzato (quello partito dallo stadio Carlini che si
sviluppava lungo via Tolemaide), ma probabilmente aveva saputo
anche degli altri episodi di violenze delle forze dell’ordine
verso i manifestanti. A mio avviso aveva pure visto in Piazza
Alimonda la pistola spuntare dal lunotto posteriore della jeep dei
carabinieri. Aveva di certo sentito le minacce provenienti dalla
jeep (incrociando le varie testimonianze di Piazza Alimonda e le
ammissioni dello stesso Placanica si va da "bastardi
comunisti, vi ammazzo tutti" a "andatevene, o vi
ammazzo"). Aveva visto quella pistola puntare contro un
bersaglio preciso (si tratta del ragazzo con felpa grigia che, non
appena s’accorge dell’arma, fugge lateralmente, incrociando
Carlo poco prima che venga colpito). E quella è stata forse la
classica goccia in un vaso già colmo… O, se preferite una
citazione più "intellettuale", aveva percepito in
quella minaccia volgare, inutile ed ingiustificata l’ennesima
ingiustizia. E si era ricordato che di fronte alle ingiustizie si
deve provare indignazione….
Carlo non vuole uccidere
proprio nessuno, con quell’estintore: lo afferra, non fa mezzo
passo verso la jeep, e da più di tre metri vuole lanciarlo verso
quello che (per lui e in quel momento) è il simbolo delle
ingiustizie viste, sentite e vissute quel pomeriggio. Vuole
scaricare la propria rabbia ed il proprio ferito senso di
giustizia in un gesto forse non condivisibile a freddo, ma che non
ha nessuna connotazione di offesa fisica. Non credo proprio che,
da quella distanza, potesse arrecare un danno che fosse peggiore
di un’altra ammaccatura al defender dei CC…
Il discorso, ripeto, può
non essere fondamentale dal punto di vista giuridico; in
quest’ottica non è importante solo stabilire se la
"minaccia" arrecata da Carlo verso gli occupanti il
defender fosse concreta, ma stabilire se nella jeep i militari
fossero legittimati a percepire quel gesto come una minaccia
concreta reale ed imminente. Ma dal punto di vista mediatico la
faccenda è stata gestita superficialmente e con il consapevole
intento di creare una suggestione nell’opinione pubblica che,
purtroppo, ha fatto presa con troppa facilità.
Ci sarebbe ancora molto
da dire sul caso-Giuliani; di sicuro esistono cose ben più
importanti che non confutare la ricostruzione mediatica dei fatti:
a che serve, in fondo, scontrarsi con un’opinione pubblica la
cui ignoranza (nel caso di Carlo, ma in generale sui fatti di
Genova) non può essere del tutto scusata con la parzialità delle
informazioni che ci sono state fornite?
Ma esistono anche altre
storie che Carlo e Genova 2001 ci hanno raccontato. Storie di
persone. Persone forse anestetizzate da anni di una subcultura che
ha cercato di demolire i tradizionali valori di solidarietà ed
uguaglianza. Persone che avevano dimenticato che di fronte alle
ingiustizie si deve provare indignazione, come fece Carlo, perché
quell’indignazione è il primo passo per sentirsi uomini vivi,
civili, facenti parte di una società che si può cambiare in
meglio. Quelle persone se ne sono ricordate proprio vedendo quanto
successo a Piazza Alimonda e a Genova, e oggi chiedono verità e
giustizia per un ragazzo che l’aveva capito prima di loro, e che
oggi non è più con noi…
Francesco Barilli, di
Ecomancina
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